di Viola Caon
PERUGIA. Il giornalismo d’inchiesta è morto, il giornalismo d’inchiesta è vivo. È uno dei quesiti amletici che hanno fatto da leitmotiv al Festival del Giornalismo di Perugia fino ad ora, penultima giornata.
Di questo si è occupato ieri (3 aprile), infatti, Il giornalismo d’inchiesta. Case history: Terra!, la conferenza inserita nella sessione “seminari”, una delle opzioni offerte dal Festival per approfondire un argomento specifico in modalità interattiva tra conferenziere e platea. A condurre questa appassionata lezione sul giornalismo d’inchiesta sul campo, all’estero e in Italia, è stato Sandro Provvisionato produttore di Terra! Insieme a Toni Capuozzo, purtroppo assente a causa di ritardi aerei.
In ogni caso, Provvisionato, dotato di un’evidente passione per il proprio e di una semplicità espressiva assolutamente funzionale alla comunicazione, basta e avanza a spiegare ai presenti che cos’è Terra!, come è nato e quali obiettivi si pone. “Innanzitutto, bisogna aver ben chiaro che Terra! è il settimanale di approfondimento del TG5. Non è prettamente un esempio di giornalismo d’inchiesta televisivo. Il nostro scopo è stare sull’attualità non aggiungendo particolari alle notizie del giorno, ma utilizzandole come spunto per un approfondimento ulteriore.”
Un settimanale d’approfondimento, dunque, accessibile a un pubblico abbastanza ampio e per di più a bassissimo costo di produzione. Come spiega Provvisionato, infatti, Terra! costa soltanto 50 mila euro a puntata, “un prezzo irrisorio” dice, anche grazie al fatto che impiega soltanto 11 componenti: 5 giornalisti e 6 tecnici.
Un programma, dunque, che nasce interamente dalla forza di volontà di poche persone che hanno voglia di fare informazione di qualità e offrire un servizio pubblico. “Per fare questo programma abbiamo bisogno di spirito di cooperazione, comunione di intenti e soprattutto tanta curiosità. Io, Toni e i nostri collaboratori funzioniamo per questo” dice Provvisionato
Curiosità, passione e voglia di lavorare: questi gli elementi principali indicati dal produttore di Terra! come ingredienti fondamentali per la buona riuscita di un programma di approfondimento. Poi ne aggiunge un altro: l’umiltà. “Dovete essere umili se volete fare delle buone inchieste sul campo.”, dice il giornalista rispondendo a una delle domande del pubblico.
A questo punto inizia una vera e propria lezione, basata esclusivamente sulla presentazione della propria esperienza personale, su come si conduce una buona inchiesta sul campo.
“Se siete all’estero specialmente, avrete bisogno di essere ben organizzati.”, dice Provvisionato. Il che significa procurarsi un buono stringer, ovvero un buon contatto sul luogo, qualcuno che si occupi di trovare un posto dove stare, funzionale alle ricerche e agli spostamenti e che si impegni a fare da traduttore.
Ma il segreto per essere sicuri di portare a casa un buon risultato è di natura tutt’altro che pratica e materiale: “Bisogna andare nel posto in cui si è stati inviati ben documentati sì, ma con la mente il più possibile sgombra. Solo così si può sperare di cogliere tutti gli stimoli che una realtà offre, necessari per trovare l’argomento giusto da trattare per una buona inchiesta.” Nessuna idea precostituita, dunque, se si vuole davvero rendere giustizia al luogo in cui ci si trova e offrire un servizio di qualità ai propri lettori/spettatori. In poche parole, andare, vedere, testimoniare.
Per fare tutto ciò, un altro fattore è fondamentale: essere semplici e stabilire un dialogo alla pari con la popolazione civile. “I civili sono sempre molto disponibili nei confronti di chi vuole fare informazione su di loro, specialmente se in una situazione disperata, come una guerra. L’essenziale, però, è essere semplici e parlare di cose quotidiane. Io e Toni in genere, da accaniti fumatori quali siamo, iniziamo chiedendo una sigaretta!”
Semplicità, assoluta apertura mentale e spirito di sacrificio per i momenti difficili sono, dunque, gli strumenti principali che un aspirante giornalista deve avere se ha voglia di fare il giornalismo “con la suola delle scarpe”, come diceva Egisto Corradi. Una buona speranza e una prospettiva appassionante per tutti quelli che vogliono fare inchiesta battendo le strade di paesi stranieri e parlando con le persone, specialmente in un momento in cui si sente così di frequente suonare il requiem di questo tipo di giornalismo.