di Patrizia Fazzi
SIENA. Sabato (12 giugno), alle 17,30, la Galleria Agorà di Piombino ( Via Ferruccio, 1) ospita il vernissage della Mostra di Zenone, alias Emilio Giunchi, di Arezzo. “Zenone, chi era costui?” verrebbe da chiedersi guardando incantati le opere di un pittore che da oltre trent’anni ha trovato una sua inconfondibile cifra espressiva e continua a lavorare seguendo il ‘suo’ sentire, a mescolare colori e costruire forme in modo ‘candido’. Naif, verrebbe questa volta da dire, visto che i paesaggi e personaggi, le dimore e la natura che lui ritrae sembrano – ripetiamo, sembrano – usciti dalla mente e dalla mano di un pittore primitivo, quasi fanciullo, che disegna la realtà in veste ingenua, semplice, scandita in chiese, paeselli, prati dove corrono fraticelli vestiti di bianco o suorine in nero, albe, tramonti o notturni con un cielo purissimo dove ad un tratto campeggia grande un vaso decorato traboccante di fiori squillanti…E ancora distese di campi, casolari, donne che raccolgono i frutti, contadini che lavorano la terra, fedeli che si avviano alla chiesa,…tutti personaggi immersi in una luce cromatica traslucida, in un’atmosfera serena, dove ogni figura o particolare emana un rapporto pacificato con il mondo, un’armonia di valori incontaminati.
Difficile descrivere la pittura di questo artista così facilmente assimilabile alla pittura ‘naive’ e quindi, per così dire, minore, di facile lettura ed esecuzione. In realtà la semplicità è sempre un punto d’arrivo nell’arte ed è sempre solo apparente: nasconde una sapiente tecnica e un lungo esercizio con il mestiere, con i pennelli e il lapis, con i colori. E soprattutto esige una visione ampia, consolidata di ciò che si vuol trasmettere: siano gioie o drammi, paradisi o inferni, occorre un’impostazione rigorosa per ricavarne un testo pittorico che non si sbricioli dopo tre occhiate, ma anzi continui ad evocare un’emozione, a lasciarsi guardare e riguardare ogni volta con un brivido di ammirazione mista a sconcerto…Chi ha da anni in casa un quadro di Zenone sa cosa significa questo: ha imparato a tuffare l’anima nelle sue tele spesso tagliate a metà dal filo dell’orizzonte e nel cui cielo si staglia, ben centrato, il nucleo paesaggistico o il gruppo umano. La sensazione visiva di nitore, ordine e luce si accresce andando ad osservare la valenza e l’incrocio delle singole cromie, i particolari dei volti, il tracciato netto che definisce ogni elemento figurativo nel suo rapporto con gli altri.
Ma questo rigore strutturale non implica un’assenza di dinamismo figurativo o una monotonia compositiva: intorno al centro murario – casa colonica, chiesa, convento o altro – che impronta di sé solidamente la tela, quasi la sostiene come un’impalcatura, Zenone colloca le sue comparse, anzi le sue creature viventi, le fa muovere in un lieto girotondo o le snoda in una foto di gruppo, dando rilievo e anima anche agli animali, alle piante, in un gioco infinito di situazioni sempre diverse, sbizzarrendosi talora con aperture di finestre sulla campagna o interni di farmacie conventuali, come quella della Camaldoli francescana dove spesso si rifugia non solo per allestire una delle tante mostre pittoriche di successo…
Ecco, uno spirito francescano, un candore da ‘’Cantico delle creature’’, è quello che emana dalle sue opere, quasi che Zenone intingesse il pennello nell’umiltà delle cose belle che la natura e il lavoro umile dell’umanità ci hanno per secoli trasmesso e a cui lui sembra voler – giustamente – rimanere fedele e quasi rinviarci a ‘spectare’, a guardare come un vero spettacolo, con intensità e amore.
Un amore che ha trasferito anche in opere più complesse, come la tela che incastona la città di Arezzo in un cerchia di mura entro cui sbucano “tetti, torri e antichi campanili”: un omaggio alla sua città che richiama le visioni dei grandi maestri toscani, rivisitati in chiave moderna, ma non meno suggestiva, alla maniera di un discepolo un po’ monello ma candido e che soprattutto ha incamerato quella lezione appresa ‘quasi naturalmente’ dalle bellezze artistiche della sua terra (dove non a caso risiedono stabilmente i capolavori del grande Piero, maestro della prospettiva). …Lo stesso amore e cura per la suggestione architettonica lo ritroviamo nella riproduzione di grandi cattedrali, come quella di Notre Dame, sotto la cui massa gotica ben delineata l’artista ha collocato uno dei suoi famosi gruppi di nozze con sposa in abito bianco. Questo per sottolineare che la sua mente pittorica non si rinchiude nella pur bellissima terra toscana o umbra, bensì è capace di spaziare trasportando il suo sguardo puro oltre i confini nazionali, perché ogni luogo del mondo – e lui che ha viaggiato molto, esponendo in tante sedi, lo ha captato – è sfondo e spunto per invenzioni d’arte: basta essere turisti non troppo distratti dalle vetrine e osservare, racchiudendo l’emozione per poi trasferirla sulla tela.
Tutto questo e altro ancora, che ognuno potrà scoprire con emozione guardando dal vivo le sue opere, sarà in visione presso la Galleria Agorà di Piombino (Li) dal 12 al 18 giugno, orario 9/12,30 – 16-20. Chi volesse intanto affacciarsi alla sua pittura, può consultare http://artzenone.wordpress.com.
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SIENA. Sabato (12 giugno), alle 17,30, la Galleria Agorà di Piombino ( Via Ferruccio, 1) ospita il vernissage della Mostra di Zenone, alias Emilio Giunchi, di Arezzo. “Zenone, chi era costui?” verrebbe da chiedersi guardando incantati le opere di un pittore che da oltre trent’anni ha trovato una sua inconfondibile cifra espressiva e continua a lavorare seguendo il ‘suo’ sentire, a mescolare colori e costruire forme in modo ‘candido’. Naif, verrebbe questa volta da dire, visto che i paesaggi e personaggi, le dimore e la natura che lui ritrae sembrano – ripetiamo, sembrano – usciti dalla mente e dalla mano di un pittore primitivo, quasi fanciullo, che disegna la realtà in veste ingenua, semplice, scandita in chiese, paeselli, prati dove corrono fraticelli vestiti di bianco o suorine in nero, albe, tramonti o notturni con un cielo purissimo dove ad un tratto campeggia grande un vaso decorato traboccante di fiori squillanti…E ancora distese di campi, casolari, donne che raccolgono i frutti, contadini che lavorano la terra, fedeli che si avviano alla chiesa,…tutti personaggi immersi in una luce cromatica traslucida, in un’atmosfera serena, dove ogni figura o particolare emana un rapporto pacificato con il mondo, un’armonia di valori incontaminati.
Difficile descrivere la pittura di questo artista così facilmente assimilabile alla pittura ‘naive’ e quindi, per così dire, minore, di facile lettura ed esecuzione. In realtà la semplicità è sempre un punto d’arrivo nell’arte ed è sempre solo apparente: nasconde una sapiente tecnica e un lungo esercizio con il mestiere, con i pennelli e il lapis, con i colori. E soprattutto esige una visione ampia, consolidata di ciò che si vuol trasmettere: siano gioie o drammi, paradisi o inferni, occorre un’impostazione rigorosa per ricavarne un testo pittorico che non si sbricioli dopo tre occhiate, ma anzi continui ad evocare un’emozione, a lasciarsi guardare e riguardare ogni volta con un brivido di ammirazione mista a sconcerto…Chi ha da anni in casa un quadro di Zenone sa cosa significa questo: ha imparato a tuffare l’anima nelle sue tele spesso tagliate a metà dal filo dell’orizzonte e nel cui cielo si staglia, ben centrato, il nucleo paesaggistico o il gruppo umano. La sensazione visiva di nitore, ordine e luce si accresce andando ad osservare la valenza e l’incrocio delle singole cromie, i particolari dei volti, il tracciato netto che definisce ogni elemento figurativo nel suo rapporto con gli altri.
Ma questo rigore strutturale non implica un’assenza di dinamismo figurativo o una monotonia compositiva: intorno al centro murario – casa colonica, chiesa, convento o altro – che impronta di sé solidamente la tela, quasi la sostiene come un’impalcatura, Zenone colloca le sue comparse, anzi le sue creature viventi, le fa muovere in un lieto girotondo o le snoda in una foto di gruppo, dando rilievo e anima anche agli animali, alle piante, in un gioco infinito di situazioni sempre diverse, sbizzarrendosi talora con aperture di finestre sulla campagna o interni di farmacie conventuali, come quella della Camaldoli francescana dove spesso si rifugia non solo per allestire una delle tante mostre pittoriche di successo…
Ecco, uno spirito francescano, un candore da ‘’Cantico delle creature’’, è quello che emana dalle sue opere, quasi che Zenone intingesse il pennello nell’umiltà delle cose belle che la natura e il lavoro umile dell’umanità ci hanno per secoli trasmesso e a cui lui sembra voler – giustamente – rimanere fedele e quasi rinviarci a ‘spectare’, a guardare come un vero spettacolo, con intensità e amore.
Un amore che ha trasferito anche in opere più complesse, come la tela che incastona la città di Arezzo in un cerchia di mura entro cui sbucano “tetti, torri e antichi campanili”: un omaggio alla sua città che richiama le visioni dei grandi maestri toscani, rivisitati in chiave moderna, ma non meno suggestiva, alla maniera di un discepolo un po’ monello ma candido e che soprattutto ha incamerato quella lezione appresa ‘quasi naturalmente’ dalle bellezze artistiche della sua terra (dove non a caso risiedono stabilmente i capolavori del grande Piero, maestro della prospettiva). …Lo stesso amore e cura per la suggestione architettonica lo ritroviamo nella riproduzione di grandi cattedrali, come quella di Notre Dame, sotto la cui massa gotica ben delineata l’artista ha collocato uno dei suoi famosi gruppi di nozze con sposa in abito bianco. Questo per sottolineare che la sua mente pittorica non si rinchiude nella pur bellissima terra toscana o umbra, bensì è capace di spaziare trasportando il suo sguardo puro oltre i confini nazionali, perché ogni luogo del mondo – e lui che ha viaggiato molto, esponendo in tante sedi, lo ha captato – è sfondo e spunto per invenzioni d’arte: basta essere turisti non troppo distratti dalle vetrine e osservare, racchiudendo l’emozione per poi trasferirla sulla tela.
Tutto questo e altro ancora, che ognuno potrà scoprire con emozione guardando dal vivo le sue opere, sarà in visione presso la Galleria Agorà di Piombino (Li) dal 12 al 18 giugno, orario 9/12,30 – 16-20. Chi volesse intanto affacciarsi alla sua pittura, può consultare http://artzenone.wordpress.com.
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