Il docufilm di Perrella proiettato nell'auletta dei Gruppi

ROMA. Un lungo applauso haconcluso la proiezione del docufilm “Piero della Francesca – La Madonna del Parto e la Leggenda della vera Croce”, realizzato dal regista Alessandro Perrella. Dopo Arezzo, Monterchi, Sansepolcro, Città di Castello, l’originale filmato è approdato il 17 giugno alla Camera dei Deputati, Auletta dei Gruppi, gremita di un pubblico che non ha nascosto l’emozione e ha decretato consenso e apprezzamento per l’opera di valorizzazione e divulgazione dell’arte del genio indiscusso del Rinascimento.
A dare il benvenuto agli spettatori i parlamentari aretini Donella Mattesini e Marco Donati, affiancati da Walter Verini di Città di Castello e Anna Ascani di Perugia. Toscana ed Umbria unite in un’ideale continuità tra passato e presente per rinsaldare i legami tra la grande lezione prospettica, strutturale ed etica delle opere immortali di Piero della Francesca e il territorio da cui è partita la sua avventura artistica, continuata nel ‘900 dal quasi conterraneo Alberto Burri, come ha sottolineato Verini. Presenti in sala anche il presidente della Camera di Commercio di Arezzo Andrea Sereni, la direttrice generale della Soprintendenza della Toscana Isabella Lapi, il soprintendente di Arezzo Arch. Agostino Bureca, il presidente del Consiglio Comunale Luciano Ralli, gli assessori Paola Magnanensi e Barbara Bennati e, in rappresentanza di Monterchi, la cittadina della Val Cerfone che custodisce “La Madonna del Parto”, il neosindaco Alfredo Romanelli e l’assessore alla Cultura Silvia Mencaroni. Con essi un nutrito gruppo di monterchiesi ed aretini; presenti solo ‘in pectore’ i cittadini di Sansepolcro, patria dell’artista. Molti i membri del Parlamento ed altri illustri ospiti. A tutti i presenti in omaggio due splendide riproduzioni in manifesto e cartolina della versione originale dell’affresco di Monterchi, riprodotto nell’invito.
E’ dalla “Madonna del Parto” che è partito il percorso ideato da Alessandro Perrella: dall’umile cappella dove per secoli l’affresco è rimasto quasi sconosciuto e dove Salvador Dalì negli anni ’60 giunse a tirare le orecchie a un bambino che, ignaro di tanto atto sacrilego, usava l’affresco come rete per i suoi tiri in porta con il pallone… Un bambino che altri non era che il futuro fedele custode dell’opera, Angelo Perla, affezionato ad essa come ad una icona materna e che nel filmato è la voce narrante, semplice e vero testimone delle vicissitudini dell’affresco.
L’abilità e la cura amorosa del regista si svelano nella ricostruzione a metà tra romanzo e rigore storico-scientifico della genesi dell’opera, che sembra germogliare nel cuore di Piero fin dalla lontana figura materna incastonata nella luce che pervade le mura della cappella, dove anni più tardi, in una sola settimana, egli realizzerà la donna incinta di azzurro vestita, inserendola in un padiglione le cui tende si aprono – o si chiudono? – per mano di due angeli simmetrici e dolcissimi.
Il docufilm alterna la storia delle travagliate vicende dell’opera, che rischiò nell’età della Controriforma di essere cancellata, durante la seconda guerra mondiale di essere sottratta dai tedeschi in fuga, nel 1997 superò perfino un terremoto, con la ricostruzione rigorosa del suo delicato restauro, efficacemente realizzato nel 1993 da Guido Botticelli e Giuseppe Centauro (presenti in sala, insieme ad alcuni interpreti come il grande Luca Biagini, che veste i panni dell’arcivescovo inviato dal papa). Ed ancora il regista si addentra e ci conduce per mano, grazie all’apporto di Lina Guadagni, nella perfetta struttura geometrica dell’affresco, evidenziata da grafici che ribadiscono il genio non solo pittorico ma anche matematico dell’autore. Sottolineati anche i legami dell’opera con il culto pagano e poi cristiano della maternità presente nella valle e che ne fanno tuttora un punto di riferimento del mistero della nascita.
Una operazione complessa quella di Alessandro Perrella e al tempo stesso carica di suggestione per la bellezza degli scenari naturali e storici della Val Tiberina, per le musiche spirituali composte appositamente da Marco Frisina, per il filo narrativo affidato ai ricordi di Angiolo Perla ed infine per la splendida parte finale in cui lo scenario si amplia trasferendosi nel “cuneo di luce” della Cappella Bacci di Arezzo. Qui la straordinaria “Leggenda della Vera Croce” è narrata e spiegata nelle sue varie fasi, affiancata dalle immagini degli affreschi che emergono grandiosi nei loro particolari, colori, gesti, a mozzare il fiato a chi assiste, come proiettato in un alone di atemporale dramma di peccato e rinascita, di conflitto e dialogo culturale, in una sintesi tra Vecchio e Nuovo testamento mai tentata e riuscita ad alcun altro artista.
Un solo esempio per tutti: la macchina da presa, panoramicando dall’alto in basso inquadra prima le mura di Arezzo, nuova Gerusalemme, e l’imperatrice Elena, madre di Costantino, che assiste al disseppellimento delle tre croci, per poi spostarsi verso destra riproponendo come un dono di bilocazione la stessa imperatrice al momento del ritrovamento della ‘vera’ croce, per mezzo della quale si opera il miracolo della resurrezione. In questa scena dell’affresco Piero attua nella stessa contestualità di tempo il primo ‘effetto speciale’ visivo della storia, anticipando la tecnica cinematografica.
Tante le cose da dire e commentare per questo evento romano, che tuttavia non sarà l’ultimo riguardante la proiezione del docufilm prodotto da Tecnofilm-Due e Minerva Pictures, i cui coraggiosi produttori erano presenti nella persona di Alessandro Perrella, Gianluca Curti, Franco Messina, Renato Pecoriello. Altri appuntamenti sono previsti a Cortona, sabato 5 luglio, e in altre prestigiose sedi internazionali, a conferma dell’interesse e del valore attribuito da studiosi e appassionati antichi e moderni di ogni parte del mondo alle opere pierfrancescane, di cui in particolare è ricca la terra aretina. Opere concepite e realizzate in quel momento magico della storia culturale che, partendo da Dante e Giotto giunge a Piero, Masaccio, Leonardo, Vasari ed altri grandi ancora. Un made in Tuscany che si chiama Umanesimo e Rinascimento e dal quale abbiamo ancora tanto da imparare e ricavare in termini di creatività, sapienza tecnica, ma anche economia e turismo. Un tempo, quello di Piero, in cui per realizzare capolavori si usava la testa, ma anche la penna e il pennello, con ore e ore di attento studio ed esercizio mirato non solo a decorare o intrattenere ma ad esprimere messaggi universali.
“C’è voglia di un nuovo Rinascimento”, ha affermato convinto e quasi commosso il regista Perrella, per portare alle nuove generazioni e in giro per il mondo “il nostro biglietto da visita più autentico, il lievito della cultura”.
(Foto di Giulia Efisi)