In occasione della Giornata Internazionale della Nonviolenza un'iniziativa per diffondere la cultura del rispetto
ROMA. Offese, insulti, minacce, aggressioni sono all’ordine del giorno sul web e sui social. Anzi, è diventato il modo più virale, più di successo, della comunicazione digitale che non risparmia neanche i più giovani. A pagare le spese più alte di un clima di odio e intolleranza sono spesso soprattutto le personalità fragili degli adolescenti, che assorbono gli esempi e i modelli negativi che vedono intorno a sé, destinando offese e insulti per i propri compagni. Ecco perché attualmente anche ilcyberbullismo, un fenomeno che è diventato un problema sociale molto forte. Infatti, stando ai dati diffusi dalla Polizia di Stato, nel 2016 sono state registrate 235 denunce all’Autorità Garante, di cui 42 per diffamazione on-line; 88 per ingiurie, minacce e molestie; 70 per furto di identità digitale sui social. Tra queste la Polizia ha successivamente accertato 31 reati, nei quali sono compresi anche lo stalking e la diffusione di materiale pedopornografico.
Per questo motivo, in occasione della Giornata Internazionale della Nonviolenza, Libreriamo – la piazza digitale per chi ama, l’arte e la cultura – promuove una campagna in condivisone (sharing campaign) con l’hashtag #RispettalAltro, per sensibilizzare contro il linguaggio violento sul web e sui social. In questo modo Libreriamo vuole sollecitare gli utenti della rete a inviare una frase, un’immagine, un video, un racconto, una lettera a favore del rispetto del prossimo al sito internetwww.libreriamo.it e sui canali social di Libreriamo o anche semplicemente attraverso il proprio profilo utilizzando #RispettalAltro.
“Scopo della campagna – afferma Saro Trovato, fondatore di Libreriamo – è cercare di sensibilizzare gli utenti ad astenersi ed evitare di rispondere ai commenti di chi offende direttamente o indirettamente gli altri e a non condividere e non seguire coloro che volutamente e speculativamente utilizzano o danno enfasi al linguaggio da Ultras. Preme sottolineare che un’offesa, un’aggressione seppur verbale può creare ferite atroci, le quali molte volte possono portare a gesti estremi in modo attivo, aggredendo anche fisicamente chi ha offeso, e in modo passivo, riversando la frustrazione su sé stessi. Per questo serve responsabilità, soprattutto da parte di chi genera opinione. Star del cinema, dello sport, della tv e, oggi, anche dei social, devono avere la responsabilità di comprendere che il linguaggio spinto può generare odio e l’odio inevitabilmente crea violenza”.
Sono in effetti troppe le offese, gli insulti e le parole ostili che popolano il web, riempiendo post e commenti sui principali social, da Facebook a Twitter e a Instagram. Nel mondo dello spettacolo, Nadia Toffa de le Iene continua a essere vittima di gravi offese personali su Instagram per la sua scelta di raccontare la propria malattia. Per non parlare delle offese che si scambiano i protagonisti dei vari reality, dal Grande Fratello Vip a Temptation Island, che spesso danno luogo a ulteriori contrapposizioni sui social tra i fan dell’uno o dell’altro personaggio pubblico. Allo stesso modo nel mondo del calcio, per esempio, sono tanti i giocatori vittime di numerose offese, da quelle più gravi legate a motivi razziali a quelle che amplificano alcuni episodi accaduti sul campo da gioco. In particolare, basti citare l’hater che ha augurato sui social al calciatore della Juventus Bonucci la morte dei figli. Il linguaggio dell’odio non ha risparmiato i giornalisti Enrico Mentana e Francesca Barra e, tra le donne, nemmeno la giovane Chiara Bordi, terza classificata alla recente edizione di Miss Italia con una protesi alla gamba sinistra.
Insomma l’hate speech va purtroppo tristemente di moda. Lo confermano i dati di una recente indagine condotta da Vox – Osservatorio italiano sui Diritti che, monitorando il sentiment degli utenti tra il 2017 e il 2018 rispetto ad alcuni temi su Twitter, ha elaborato una Mappa dell’Intolleranza, dalla quale emerge che un tweet su 6 ha per oggetto un contenuto intollerante.
Ma quali sono i bersagli preferiti dagli haters? Nello specifico, Vox ha contato 73.390 tweet contro gli immigrati e 64.934 contro le persone di fede islamica,15.400 contro gli ebrei, per citare le categorie più bersagliate. Ciò significa che un italiano su 3 rivolge il proprio odio principalmente contro migranti, islamici ed ebrei, senza risparmiare neanche i disabili.
Oggi il modo più veloce per avere attenzione e aumentare i propri followers è anche quello di offendere platealmente chi la pensa in modo diverso. Gli stessi organi d’informazione sono particolarmente propensi a dare rilievo a chi si rende protagonista di un linguaggio o di un gesto estremo, perché ‘fa notizia’ e genera traffico.
Piccoli haters crescono anche tra i ragazzi. Si tratta di giovani che agiscono nell’ombra, spesso sotto mentite spoglie, ovvero con profili social falsi e con nomi di fantasia, come se i loro IP non fossero tracciabili dalla polizia postale. Eppure riescono a essere molto violenti, con le parole e non solo, nei confronti dei propri compagni più fragili e deboli. È accaduto a Flavia Rizza, vittima dei bulli dalle elementari alle medie, che hanno poi aperto un profilo Facebook a suo nome e, spacciandosi per lei, hanno postato commenti, immagini offensive sulla sua forma fisica e insulti ai compagni. Una volta eliminato il profilo fake e puniti i colpevoli, Flavia è divenuta testimonial della campagna itinerante della Polizia di Stato “Una Vita da Social” per un corretto uso di internet.
Per quanto concerne i dati più recenti sul fenomeno, l’Osservatorio Nazionale Adolescenza ha rilevato durante lo scorso anno scolastico che, su un campione di 11500 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni, il 28% è o è stato vittima di bullismo, mentre l’8,5% di episodi di cyberbullismo. Il bersaglio prediletto dei cyberbulli, che sono per oltre il 60% di sesso maschile, sono le ragazze, vittime nel 70% dei casi.
Per questo motivo Libreriamo (www.libreriamo.it) desidera sensibilizzare l’opinione pubblica contro questo grave fenomeno, contribuendo in modo attivo a togliere spazio al commento violento. Diceva Ghandi: “La forza non deriva dalla capacità fisica. Deriva da una volontà indomita”. #RispettalAltro è l’hashtag di riferimento per accompagnare frasi, post e immagini da condividere con coloro che vogliono contribuire a pulire la rete e i social dal linguaggio da ultras, nel solco delle parole del Mahatma: “Mi oppongo alla violenza perché, quando sembra produrre il bene, è un bene temporaneo; mentre il male che fa è permanente”.Astenendosi dal rispondere a commenti offensivi o violenti, ignorando video, immagini, post o commenti che offendono gli altri, si toglie così agli haters il ‘bene primario’, che è la visibilità, il ‘traffico’, e dunque il consenso.
Ecco allora un decalogo con i suggerimenti per una ‘comunicazione social non violenta’:
- Pensare prima di scrivere un post o pubblicare una foto
- Preoccuparsi di scegliere le parole giuste per comunicare il proprio pensiero
- Rileggere con attenzione i contenuti prima di pubblicarli
- Cercare di comprendere le ragioni degli altri
- Se la si pensa diversamente, riflettere a lungo prima di commentare
- Se si desidera replicare, farlo con garbo, rispettando l’altro
- Se si vuol controbattere, mai farlo quando si è in preda all’ira
- Ricordarsi che ‘ne uccide più la lingua, che la spada’
- Non dimenticare che talvolta anche il silenzio può essere una strada
- Se ci si accorge di aver offeso qualcuno, anche involontariamente, rimuovere prontamente il post lesivo della dignità altrui, possibilmente prima che sia condiviso
Fabio Piemonte