Un commento anche sulle recenti scoperte della Guardia di Finanza nella sede di Nuova Banca Etruria.
AREZZO. La nuova inchiesta di Gdf e Procura su Banca Etruria porta alla luce gli scenari da noi delineati fin dall’inizio di questa vicenda. Nonostante qualcuno provi ancora goffamente a definire “speculatori” i risparmiatori coinvolti nel crac delle quattro banche, la realtà dei fatti ed il risultato delle recenti (e tardive vorremo aggiungere) perquisizioni della Guardia di Finanza, delineano una volta per tutte e con chiarezza i veri meccanismi che hanno portato al fallimento delle banche e al “sacrificio” di così tanti risparmiatori.
La ricetta è stata semplice: quando Banca Etruria, anche per colpa di amministratori incapaci ha iniziato ad avere gravi sofferenze fu lampante l’esigenza di un nuovo aumento di capitale, ma non potendo contare sugli investitori istituzionali, consapevoli del rischio, i vertici di Banca Etruria ritennero di ottenere questa fonte di denaro grazie ai piccoli risparmiatori clienti, senza alcun controllo da parte degli organi di vigilanza. Non più pochi soggetti professionali ma la disseminazione a pioggia di piccoli importi sui singoli clienti.
L’attività investigativa, partita grazie alle oltre 400 denunce dei nostri risparmiatori, è indirizzata alla ricerca di tutta la documentazione, evidentemente in parte già emersa, che individua finalmente la corrispondenza dei vari responsabili di area, che hanno imposto – tramite circolari interne – la sottoscrizione di subordinate a una clientela retail, priva di un profilo finanziario adeguato all’investimento, proposto di norma ai clienti “professionali”, che possiedono le competenze necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni e per valutare correttamente i rischi che assumono.
Del resto per le finalità di questa ignobile operazione non servivano certo le competenze dei truffati, ma servivano i soldi, e finalmente comprendiamo appieno l’amara ma incredibilmente schietta considerazione di Visco, che non più di un paio di mesi fa, definì i risparmiatori “analfabeti funzionali alla causa”.
I risultati della recente inchiesta a cura della Guardia di Finanza, come tutti avranno potuto già leggere dai giornali, parlano di una vera e propria “cabina di regia” a livello manageriale, che ha prescritto il collocamento delle subordinate in modo “granulare”, andando ad individuare anche soggetti con un profilo di investitore a “rischio basso”.
Con un tempismo perfetto, nello stesso momento in cui la Guardia di Finanza appurava le missive, le dichiarazioni di Vegas, massima autorità della Consob, rendono il quadro se possibile ancora più inquietante, un’autoassoluzione che in realtà non fa altro che delegittimare la Consob nella sua veste di organismo in grado di vigilare e tutelare i risparmiatori ed il Paese. Stiamo parlando infatti di dossier scritti in sanscrito bancario,
di cui sfido alla comprensione la maggior parte degli investitori, a meno di non farli tradurre al proprio avvocato. Ma proprio l’opacità con cui sono stati scritti (potevano anche informare sulla rischiosità del titolo ma sicuramente in maniera incomprensibile ai più) è stata la migliore complice in questa invereconda operazione al massacro.
E allora ad un Vegas che dichiara inoltre che anche loro sono umani e possono sbagliare ricordiamo che non correggere i propri errori riconosciuti significa “connivenza”.
Ci soffermiamo infine su un termine emerso dalla recente inchiesta, raccolto da una delle tante missive in cui si incentivava la vendita: “granularizzazione della raccolta”. Un termine che la dice lunga sugli intenti e che è finalmente entrato nelle carte dell’inchiesta. Mai frase fu insieme a quella di Visco sui risparmiatori e all’autoassoluzione di Vegas più ignobile e infelice.
E che nessuno ci chiami più speculatori!
Letizia Giorgianni – presidente Vittime del Salva Banche