di Enrico Campana
FIRENZE. Contrordine, la piena dell’Arno si placa e in una Firenze bigia, con le nuvole che scendono fin sulle acque che raggiungono i 4 metri d’altezza, la gara più pazza del mondo riguadagna il contesto che ne ha fatto la fortuna, quel ponte medievale che fa da spartiacque fra le due anime della città e dal quale 10 anni fa partì la geniale invenzione di un campo da golf sull’acqua. Una kermesse che nella società della fotocopia è già frutto di imitazione, da Venezia a Torino, da Roma e fino a New York.
Non si giocherà più quindi al Golf dell’Ugolino, più stimolante sfidare acque che si riaggolomitano e che farebbero la fortuna dei surfisti che nell’impraticabile pantano di un prato lontano dal cuore della città e dell’evento, seppure prestigioso.
A mezzogiorno gli organizzatori, un’operazione di brillante comarketing fra due marchi leader, la toscana Conte of Florence e la torinese Media Vip, convocano i giornalisti per presentare i magnifici 15 (che diventano 14 per la defezione dell’inglese Simon Khan, bloccato in patria per assistere il padre colpito da un ictus) e comunicare che “the show must goes on”, lo spettacolo va avanti grazie a un piccolo capolavoro di ingegneria meccanica che sembra un omaggio al genio di Leonardo. “Giocheremo!. Il Pontevecchio ha bisogno del Pontevecchio”, annuncia Federico Funaro, il regista della gara, in due lingue, sotto uno scroscio (per fortuna) di applausi liberatorio.
Naturalmente sarebbe impossibile ancorare i 3 green galleggianti, e si ripiega su una specie di triplo salto mortale con… rete. I pontieri lavorano freneticamente per tendere una grande rete di 11 metri per 6) a distanza di 100 metri dal battitore che verrà sospesa orizzontalmente sull’Arno e sarà il bersaglio principale e fungerà anche da protezione, mentre gli altri due green di fortuna saranno posti sull’ormai ridottissimo bagnasciuga in erba della Canottieri Firenze, il tradizionale paddock della gara, proprio sotto il corridoio vasariano che porta agli Uffizi, a minore distanza (90 e 70 metri). Si giocherà perciò di sbieco, colpendo dal centro a sinistra, fatto che aumenta le difficoltà e comporta un lavoro di tecnica raffinato per i magnifici 14 fra i quali il favorito è Robert Karlsson, a 34 anni trionfatore della stagione europea, protagonista nella Ryders Cup e vincitore della World Cup maggiori difficoltà tecniche in quanto si dovrà colpire coi ferri, valutato anche le condizioni di vento. Fra tanti campioni famosi ma incanutiti, il più celebre ed atteso dei quali è Tom Lehman, n.1 mondiale e vincitore del British Open, e molti giovani di belle speranze a partire dal segaligno e sempre accigliato portoghese Tiago Cruz, spedra di fare come sempre la sua bella figura di Diana Luna, uno stile e un’immagine vincente del golf, quest’ano protagonista principale fra le azzurre in Europa anche se qui giocherà per il Principato di Monaco per lasciare alla gloria del golf nazionale Costantino Rocca la casella dell’Italia. Si tratta, bisogna ricordare, del mondiale dell’approccio, il colpo che porta al green, un mix di potenza e precisione e tecnica che premia il giocatore completo.
La formula resta invariata, tre gironi di qualificazione con i 3 vincitori e i migliori 5 scores per raggiungere i quarti che attraverso la qualificazione diretta (match play) designerà i due finalisti che alle 9 di domenica mattina si contenderanno il titolo di questa tormentatissima edizione che sembra un giro folle nell’imprevisto.Ma si sa, spesso le cose più belle sono quelle più difficili, “no pain no gain” dicono all’unisono gli americani.
Ecco i gironi: 1° Girone: Clement (Svi), Frost (Saf), Kapur (Em.Arabi), Larsen (Nor), Lehman (Usa); 2° Girone: Cruz (Port), Darcy (Irl), Karlsson (Sve) e Luna (Monaco); 3° Girone: Brier (Aut), Ghei (India), Rocca (Ita), Sruver (Germ), Torrance (Sco)
(Le foto a corredo dell'articolo sono di Claudio Scaccini)