Confermata l'importanza dell'assistenza professionale nel post-intervento
TORINO. L’autotrapianto è la soluzione chirurgica più immediata ed efficace per risolvere definitivamente il problema della calvizie e diradamento dei capelli. Tanto negli uomini che nelle donne. “In Italia nel 2014 i trapianti di capelli eseguiti sono stati 4mila, di cui la maggior parte su uomini in età compresa tra i 30 e i 65 anni. E’ di fondamentale importanza sia il ruolo delle cure post operatorie, che delle terapie di mantenimento della propria chioma, si degli infermieri professionali che collaborano con i chirurghi”, spiega Tatiana Amati, tricologa membro del ‘Sitri’ (Società Italiana di Tricologia).
“Va sottolineato inoltre chel’autotrapianto è un’operazione chirurgica vera e propria che presuppone la partecipazione di più figure specializzate. Fondamentale, dunque, ribadire l’importanza assoluta del team in sala operatoria formato – oltre al chirurgo – da un anestesista e almeno quattro infermieri professionisti specializzati in chirurgia della calvizie che si occupano della separazione e conservazione delle unità follicolari. La figura dell’infermiere professionista, nel caso in oggetto, riveste un ruolo determinante per la buona riuscita dell’intervento, in quanto spetta a lui la corretta preparazione per il chirurgo dei materiali da impiantare nelle aree oggetto di calvizie. Gli infermieri professionisti italiani – che maturano esperienze davvero uniche nel campo – sono tra i migliori al mondo nel settore dell’autotrapianto di capelli. Effettuano continue sessioni di aggiornamento al pari dei chirurghi. Operiamo con loro dal 1973, anno della fondazione di ‘Tricomedit’. Siamo stati infatti i primi in Italia ad aver realizzato interventi di autotrapianto capelli”.
La dottoressa Amati, che raccomanda cautela sulle offerte che proliferano su Internet, aggiunge: “Il web è un mondo che può rivelarsi insidioso, specialmente in riferimento a quei siti – e sono molti – ove si promettono grandi risultati a costi bassissimi, comprensivi di trasferta, vitto e alloggio in strutture site all’estero, Turchia, Nord Africa e Paesi Arabi in particolar modo, che spesso non applicano ai pazienti neanche le terapie post-operatorie. In quelle terre non esistono infermieri professionali che posseggono adeguati livelli di aggiornamento, formazione e preparazione al pari di quelli italiani. E’ dunque necessario prestare moltissima attenzione a questo fastidioso fenomeno, onde prevenire per tempo il rischio di trovarsi a disagio in ambienti esteri privi delle necessarie professionalità e delle adeguate condizioni igienico-sanitarie, e di doversi poi sottoporre a interventi correttivi al proprio rientro in Italia, con ulteriore aggravio di costi e spese mediche, con gravi rischi di veder irrimediabilmente compromessa la propria immagine”.