FIRENZE. “Volevo i pantaloni”. Non solo il titolo di un libro, ma anche la storia della giornalista sudanese Lubna Ahmed al Hussein, processata per aver indossato i pantaloni in luogo pubblico e non fustigata come prevederebbe la legge. La quarantenne ha rifiutato di pagare 209 dollari di multa, si è detta disposta ad andare in prigione e le autorità di Khartum l’hanno presa in parola: dovrà scontare un mese di detenzione.
La presidente della commissione regionale Pari Opportunità Chiara Grassi, insieme a tutte le componenti, appresa la notizia, esprime la solidarietà più sentita alla giornalista sudanese e alle sue sostenitrici. Mentre la Corte emetteva la sentenza, fuori dal tribunale di Khartoum, centinaia di donne, in maggioranza in pantaloni, si sono raccolte per manifestare il proprio appoggio alla giornalista. Ad esse si sono contrapposti uomini in abiti tradizionali, urlando slogan islamici, e la polizia è intervenuta con i manganelli.
“Lubna è solo ‘colpevole’ di combattere una legge che ammette la fustigazione delle donne per aver indossato ‘abiti immorali o indecenti’ – ha ricordato la presidente Grassi – una legge che non ha ragione di essere e chiama tutte le donne ad una mobilitazione generale”.
Grazie a Lubna è stata portata alla luce una violazione sistematica dei diritti delle donne, e la commissione per le Pari Opportunità della Toscana si impegna a sostenere l’azione della giornalista sudanese.