Un giovanissimo e famoso fotografo ebreo racconta le mutazioni dell'East End

di Viola Caon
LONDRA Jeremy Freedman ha 24 anni ed è un fotografo affermato. Anzi è uno dei fotografi più affermati in tutto l’East End londinese. Ma la sua biografia non si limita al lavoro di fotografo e porta il peso di sei generazioni di ebrei venuti in Inghilterra per la prima volta nel 1704.
Jeremy Freedman è infatti il nipote di Alfred Freedman, il fondatore della prima sinagoga della città. “Il mio bisnonno ha fondato questa sinagoga nel 1854, quando in questo quartiere c’erano ancora soltanto ebrei”, dice Jeremy.
Questo quartiere è l’East End di Londra, zona famosa fino a una quindicina di anni fa per essere una zona pericolosa e degradata all’ombra della rampante City, il cuore economico della città fatto di grattacieli in costruzione e di yuppies in giacca e cravatta. “Il quartiere è cambiato molto a partire da dopo la guerra”, dice Jeremy, “dove adesso ci sono i negozi dei bengalesi prima c’erano quelli degli ebrei.”
La storia che questo giovane fotografo racconta, attraverso i ricordi della propria famiglia e attraverso la macchina fotografica, è quella dell’ultimo cambiamento socio-culturale che ha cambiato l’aspetto di questa parte di Londra.
Partendo da Liverpool Street, andando verso Aldgate East and Whitechapel, la parte est della zona 1 è nota da sempre per essere la più povera della città, a volte come la più pericolosa, ma quasi sempre come la più creativa ed eccentrica. Senza dubbio, la cartina al tornasole delle evoluzioni del tessuto sociale londinese.
“L’immigrazione più povera sempre arrivata per prima qui”, dice Jeremy, “adesso sono i bengalesi, cent’anni fa erano gli ebrei.” Nel 1890 infatti 200mila ebrei arrivarono nelle strade di Tower Hamlets, senza niente in mano, pronti a dividere una casa in due famiglie e un bagno in 8 persone.
“Il mercato di Old Spietafields, non appena fuori l’uscita della stazione di Liverpool Street, è sempre stato il centro di questa vita sociale di ‘seconda classe’, operaia e straniera. Ed è semplicemente meraviglioso”.
Da un po’ di tempo a questa parte però le cose stanno cambiando. I bengalesi hanno da tempo sostituito gli ebrei e soprattutto i magnati della City Corporation, la ditta edilizia che sta dietro agli imponenti grattacieli di Liverpool Street, stanno cercando di smantellare tutti i vecchi edifici per costruire nuovi palazzi amministrativi.
“La gente di Spietafields, non importa se ebrea, bengalese o qualsiasi altra cosa, sta cercando di combattere questa invasione. Tuttavia sono poteri troppo più forti della comunità e sarà difficile che riescano a fermarli”.
Nella sua panoramica della zona Jeremy spiega che da quando i suoi nonni gestivano il pub infondo alla strada a oggi le cose sono molto cambiate. “Credo che ogni generazione di immigrazione lasci la propria impronta. La maggior parte delle sinagoghe sono state riconvertite in moschee e gli ebrei, ormai arricchiti, si sono trasferiti altrove a nord tra Stamford Hill and Golders Green”.
Tuttavia, Jeremy lavora ogni giorno per fare in modo che l’eredità ebraica nella zona, per mantenere viva la natura di Londra come città multietnica. “Ho ereditato la sinagoga da mio nonno – che è l’unica superstite ancora attiva nella zona – e sto lavorando per raccogliere fondi sufficienti a tenerla aperta e a farla diventare un museo”.
Jeremy infatti è anche il fotografo ufficiale del blog spietafieldslife.com, il sito che raccoglie gli umori e le rivendicazioni della gente del posto.
“Penso che Londra sia una città che si adatta ai cambiamenti e che soprattutto è capace di accogliere e far crescere culture diverse. Credo sia l’unicità di Londra e per questo lavoro per coltivarla”.