MONTAIONE (Firenze). Il Teatrino dei Fondi e il Centro Internazionale di Scrittura Drammaturgica "La Loggia" presentano domani (18 giugno), alle ore 19.30 la replica dell'anteprima dello spettacolo "Primo studio per Pittura su legno di Ingmar Bergman", per la drammaturgia di Andrea Mancini e Luciano Marrucci, con Roberta Geri (nella foto allegata) e la regia dello stesso Mancini.
L'appuntamento è a Montaione (Firenze), in località Collegalli, presso la casa "La fornace".
Per gli spettatori che avessero difficoltà a raggiungere il luogo della messinscena il ritrovo è alle ore 19.00 presso il Quaranthana Teatro comunale di San Miniato (in via Zara, 58 a Corazzano).
Sabato (21 giugno), alle ore 19.30, presso il Bastione Santa Croce di Padova, ci sarà l'anteprima nazionale.
Lo spettacolo, con il sostegno della Fondazione Toscana Spettacolo e dell'Istituto del Dramma Popolare di San Miniato, debutterà ufficialmente lunedì 30 giugno 2008, alle ore 21.30, presso la Rocca del centro storico di Montopoli in Val d'Arno (Pisa).
"Primo studio per Pittura su legno di Ingmar Bergman" è un rito forse da consumarsi in luoghi pregnanti di senso e di significati, dove il rapporto con la morte sia fatto di colore, di odore, di buio e di luci fioche. Un mondo evocato nei film di Tarkovskij e naturalmente di Bergman, che restituisce in modo forte il senso della morte. Una morte che è parte della vita, anche se il nostro mondo cerca ogni giorno di negarla. Ecco dunque che un altro personaggio sarà riferimento del nostro spettacolo, cioè Tadeusz Kantor, che col suo "teatro della morte", ha costruito l'icona del secolo da poco concluso.
Il testo da cui nasce il nostro spettacolo è anche all'origine di un capolavoro, cioè uno dei più bei film di Bergman, Il settimo sigillo. Fu composto dal regista svedese nel 1954, per un saggio degli allievi dell'Accademia di Malmo, e ottenne entusiastici consensi. Bergman vi descrive le paure dell'uomo dinanzi alla morte, l'angoscioso senso del limite che ci caratterizza, l'incombere della fine. Non a caso la vicenda è ambientata nel Medieovo, epoca di ansie millenaristiche e terrori apocalittici, dove si espressero tutte le precarie risposte che l'uomo tentò di trovare: l'arte, la fede, l'indifferenza, la scelta del male e quella del dolore fisico. Il terrore atomico degli anni in cui fu scritto il testo, ma anche il terrore della guerra, purtroppo sempre presente, non è estraneo alla relativa cupezza della scrittura, e si riverbera anche nel film, di cui la pièce rappresenta un disegno, la traccia originale.
Lo spettacolo presentato per la prima volta in italiano, nell'intensa traduzione di un poeta come Luciano Marrucci, si consuma tutto intorno a Roberta Geri, un'attrice di grande spessore drammatico e interpretativo, che ha dato prove importanti, soprattutto negli spettacoli dove si è offerta come unica interprete. L'attrice è la guida di un viaggio, un viaggio nei territori dominati dalla morte, un po' come succedeva al cavaliere del Settimo sigillo, che poteva giocare la sua partita a scacchi con la Morte, riuscendo anche a scherzarci, addirittura a prenderla in giro, e alla fine, come nelle danze macabre, che affrescano le chiese soprattutto nel nord Europa, anche a ballarci insieme.
Ma lo spettacolo, che gioca sul mortuario, ne tenta anche una sdrammatizzazione, con qualcosa di più di un riferimento a Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni, da cui Fellini trasse la parte più poetica e certo la più riuscita del suo La voce della luna, con Roberto Benigni e Paolo Villaggio. In quel film veniva raccontata una storia stranissima, che non sarà mai creduta, di scritti in bottiglia trovati nel fondo dei pozzi, scarabocchi, lettere minatorie. La storia si svolgeva in un cimitero, dove le tombe, come pozzi comunicanti, potevano raccontare, parlare con il mondo dei vivi.