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Il conflitto interno Etiopia-Tigrai coinvolge l’Eritrea

di Vito Zita

SIENA. Secondo quanto riportato da Africa, rivista milanese diretta da Pier Maria Mazzola, la crisi nel Tigray supera i confini dell’Etiopia e coinvolge l’Eritrea. Ieri sera alle ore 18 almeno tre razzi hanno colpito la capitale Asmara nei pressi dell’aeroporto. Non è chiaro al momento quali siano gli obiettivi colpiti. Secondo l’emittente web Myviewonnews e l’agenzia Morad News, gli ordigni hanno centrato l’edificio del Ministero dell’Informazione, l’aeroporto e un complesso residenziale ad Asmara.

La notizia dell’attacco è stata confermata dall’agenzia Afp che cita un numero imprecisato di “razzi lanciati su Asmara dalla regione dissidente etiope del Tigray”. La radio eritrea d’opposizione Erena, con sede a Parigi, riportando la testimonianza di alcuni abitanti asmarini, parla di un quarto missile che avrebbe colpito la capitale eritrea, che in queste ore è avvolta nel buio per via di un black-out. Fonti vicino al governo eritreo hanno confermato le esplosioni, ma negano che sia stato centrato l’aeroporto sostenendo che “i razzi lanciati dal Tigray hanno mancato i loro obiettivi e le esplosioni sono avvenute alla periferia della capitale senza portare danni a cose e persone”. Testimoni ad Asmara hanno riferito alla Bbc di “avere udito diverse esplosioni di razzi scoppiati alla periferia della città”.

Impossibile al momento stabilire il bilancio e la portata dell’attacco, ma è evidente che il blitz missilistico partito da territorio etiope rischia di infiammare ulteriormente la guerra nella regione, da giorni divenuta campo di battaglia tra le forze armate di Addis Abeba e reparti dell’esercito fedeli al comando politico militare del Tigray.

Nel frattempo l’agenzia stampa AGI riferisce che ormai sono migliaia ii civili che si sono dati alla fuga, attraversando il confine con il vicino Sudan.

La regione settentrionale dell’Etiopia interessata dal conflitto.

La guerra è iniziata il 4 novembre, con un’operazione militare lanciata da Addis Abeba al culmine di un periodo di forti tensioni tra il governo etiope, guidato dal premier Abiy Ahmed, Nobel per la Pace 2019, e il Fronte di liberazione del popolo tigrino (Tplf), il partito che domina la regione settentrionale dell’Etiopia, popolata dalla minoranza tigrina. Il Tplf ha dominato la politica etiope per quasi 30 anni dopo il crollo del regime comunista di Mengistu, prima che Abiy salisse al potere nel 2018. Da allora, il partito regionale ha denunciato di essere stato messo da parte e le tensioni con Addis Abeba sono aumentate, fino all’avvio della campagna militare la settimana scorsa. I belligeranti si accusano a vicenda di aver innescato la violenza, quel che è certo è che la dura contrapposizione politica dei mesi scorsi ha lasciato il posto alle armi, con risvolti imprevedibili.

Pochissime notizie e immagini filtrano dalla regione. I collegamenti telefonici e internet sono interrotti. Nella giornata di ieri Amnesty International ha diramato un rapporto secondo cui le operazioni militari condotte dai soldati di Addis Abeba avrebbero già causato “centinaia di civili uccisi”. Notizie, al momento, non confermate.

Le autorità tigrine avevano accusato l’Eritrea, che confina con il Tigray, di appoggiare le operazioni militari condotte dall’esercito regolare etiopico. In particolare, nei giorni scorsi il Tigray aveva denunciato la presenza di soldati eritrea coinvolti direttamente nel conflitto. Il presidente del Tigray, Debretsion Gebremichael, aveva dichiarato in più occasioni di considerare gli scali eritrei «bersagli legittimi». E poco prima del blitz missilistico, il portavoce del TPLF (Tigray People’s Liberation Front) Getachew Ruda, in un’intervista televisiva, aveva minacciato di colpire l’Eritrea se essa avesse continuato a sostenere le forze governative etiopi.

Stasera il clamoroso attacco contro Asmara – seguito alle minacce in diretta tv del ministro della Difesa tigrino contro il presidente eritreo Isaias Afewerki – rappresenta un preoccupante salto della crisi e segna forse un punto di non ritorno in un’escalation militare che rischia di portare nel caos l’intero Corno d’Africa. Migliaia di civili sono in fuga dai territori interessati dalle violenze. Secondo fonti delle Nazioni Unite, almeno 20 mila tigrini avrebbero cercato rifugio dai combattimenti oltrepassando il confine con il Sudan.

L’Italia segue con particolare attenzione e preoccupazione lo sviluppo della situazione, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in una dichiarazione dello scorso 11 novembre nel corso delle interrogazioni parlamentari presso la Camera dei deputati, riportata da Agenzia Nova, ricorda la cruciale importanza che l’Etiopia riveste per l’Italia. “Fin dall’inizio delle ostilità nel Tigre’ stiamo monitorando la situazione degli italiani nella regione, nonostante le difficoltà delle comunicazioni per via dell’escalation militare, tramite la nostra ambasciata ad Addis Abeba. Stiamo considerando ogni opzione anche per i dipendenti delle imprese italiane presenti nella regione, come Calzedonia”. La ditta italiana ha chiuso lo stabilimento Itaca Textile aperto circa due anni fa nei pressi di Macallè e dell’aeroporto e 6 italiani sono adesso bloccati da queste vicende.

Intanto la comunità eritrea in Italia segue con apprensione l’evolversi del conflitto dato che hanno parenti sia in Eritrea che oltre confine, nel Tigrai, riscontrando molte difficoltà nel contatto telefonico diretto. E da loro, per primi, si alzano voci che invocano alla speranza che l’Eritrea, in seguito all’azione militare del TPLF con il lancio dei razzi, non si faccia coinvolgere dalla provocazione tigrina per entrare nel conflitto perché altrimenti non si potrebbe più parlare di una guerra civile in Etiopia. Se l’Eritrea dovesse attaccare il Tigrai anche solo per difendersi, tanti stati nel mondo interverrebbero nel favore del Tigray, ma questo è molto chiaro al governo eritreo che vuol far sapere a tutti che è tutto sotto controllo, e che questo gesto disperato dei provocatori del TPLF non avrà il risultato da loro sperato.

La situazione è ancora destabilizzata e nel pomeriggio di ieri domenica 15 novembre si registra un attacco terroristico ad un autobus che ha causato la morte di 34 persone. Secondo quanto riportato da una notizia di SkyTG24, il fatto è accaduto successo nella regione di Benishangul-Gumuz, nell’ovest del Paese, dove nelle ultime settimane sta crescendo la violenza interetnica. A denunciare l’assalto è stata la Commissione etiopica per i diritti umani. Il premier Ahmed Abiy ha escluso che ci sia un qualunque legame fra il massacro e il conflitto in corso nella regione autonoma di Tigray.

Vito Zita

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