La profezia di Malachia torna a coinvolgere il Vaticano
di giorgio mancini
SIENA. “Ricordati che non sei il successore dell’imperatore Costantino, ma di un pescatore”. Parole sante di San Bernardo e, forse, su questo consiglio ai pontefici, Papa Benedetto XVI potrebbe aver molto riflettuto e meditato, prima del suo “gran rifiuto“.
Benedetto XVI, nell’ultimo incontro con i suoi parroci della Curia di Roma, ha chiesto di pregare per lui, mentre sarebbe rimasto a loro vicino “anche se per il mondo rimango nascosto”. Parole chiare, ma al tempo stesso enigmatiche, mentre si torna a parlare di profezie. Tra pochi giorni il Papa lascerà il Soglio Pontificio e dovrà, da subito, essere sostituito. Sarà il fatidico “Petrus Romanus”?
Le profezie, al di là di crederci o non crederci, fanno parte della storia, non solo credulona dei popolani, ma è la Chiesa stessa che ne parla, cercando di interpretarne il senso oscuro e, molte volte, intraducibile, almeno per ora. Fra le tante veggenze “vere” (perché sì), “false” (perché no), quella di Malachia, che riguarda esclusivamente il succedersi dei Papi, senz’altro è la più interessante e la più seguita. Alla morte di ogni Papa, nel periodo “vacante”, la Profezia di Malachia ritorna, prepotentemente, di attualità.
Questa volta il Sommo Pontefice non è morto, si è, per così dire, semplicemente “dimesso”. Ha abdicato! Un atto di grande dolore, coraggio, innovazione e saggezza, che merita immenso e reverente rispetto. Se altri potenti, senz’altro a Lui non paragonabili, considerati “grandi della Terra”, ne prendessero esempio, sarebbe un vero prodigio miracoloso, che Papa Ratzinger, con questa sua scelta, avrebbe dato come esempio precursore dei tempi. Un miracolo di portata incommensurabile, da valere un intero pontificato da passare alla storia. Ecco perché le vie divine sono imperscrutabili.
Tornado alla profezia di Malachia, potremmo iniziare proprio dal primo e unico coinvolgimento toscano che riguarda i pontificati.
“Ex magnitude montis” è il motto con il quale San Malachia identifica il papa Beato Eugenio III, eletto nel 1145 e morto nel 1153. Al secolo si chiamava Pietro Pignatelli, ed era nato nella frazione di Montemagno, a Calci, ora provincia di Pisa, proprio in Toscana. E da questo borgo montano di origine, potrebbe derivare il significato del motto che in italiano significa: “Dalla grandezza del monte”. Ora, nel momento che sta per riunirsi un nuovo conclave, con la rituale formula “extra omnes”, si torna a riparlare delle profezie di Malachia. Profezie tanto discusse, quanto inquietanti. Forse si era vicini all’anno 1143, quando il vescovo irlandese Malachia avrebbe profetizzato quali sarebbero stati i papi che si dovevano succedere sul trono di Pietro, fino alla fine dei tempi, che non vuole dire del mondo. E, come prima cosa, salta subito fuori un particolare. Nessuno, sino ad oggi, ha mai avuto “l’ardire” di prendere il nome di Pietro. Molti vorrebbero che queste profezie fossero state ispirate al vescovo irlandese da San Bernardo; per altri, sarebbe stato lo stesso santo ad usare, per così dire, questo “pseudonimo” di Malachia. Fatto sta che le profezie sparirono, per essere successivamente ritrovate e pubblicate, per la prima volta, a nome del benedettino dom Arnold Wion, che nel suo libro “Lignum Vitae” le rese pubbliche. Era il 1590. Forse, invece, si tratta di un falsario, certo Alfonso Ceccarelli, di origine umbra, che lo avrebbe scritto o copiato durante il conclave, allo scopo di influenzare psicologicamente i cardinali.
Queste profezie raccolgono 111 motti, ed ognuno di questi viene attribuito ad un papa. Motti, però, che danno spazio a varie interpretazioni. Vi si può “leggere” un riferimento alla provenienza, ad un particolare blasone della famiglia del cardinale eletto sul soglio, ad avvenimenti o particolarità del periodo che ha caratterizzato quel pontificato. Ma andando a leggere, anche in tempi moderni, molte di queste profezie, sembrerebbe che si siano avverate, pur partendo dal 1595, anno della prima pubblicazione. Tra le ultime, quella annunciata per Papa Albino Luciani. Il motto profetico fu “De medietate lunae”. Giovanni Paolo I, era il 1978, salì sul trono di Pietro dopo essere stato Patriarca di Venezia, e la traduzione del motto definito “il tempo di una luna” sembra faccia riferimento al mese lunare. Infatti il pontificato di Giovanni Paolo I è stato tra i più brevi della storia vaticana. Durò dal 26 agosto al 28 settembre 1978. Solamente 33 giorni, lo stesso numero che ricorda l’età del Cristo, e che morì in una notte quando ci fu un’ eclisse parziale di luna! Quello che fu eletto dopo, Giovanni Paolo II, aveva come motto datogli da Malachia, “De labore solis”. L’attuale Papa Benedetto XVI viene contraddistinto col motto “De gloria olivae”, simbolo dell’ulivo, simbolo di pace, ma quale mistero c’è dietro “la gloria dell’ulivo”? Chi lo ha interpretato collegandolo al nome “Benedetto” (vedi ulivo benedetto), oppure perché alcuni frati benedettini sono anche chiamati “monaci olivetani”, e il 26 aprile 2009 il Papa aveva proclamato santo Bernardo Tolomei, fondatore dell’ordine degli Olivetani. Va ricordato, inoltre, che nello stemma di Ratzinger è raffigurato un moro (ecco il colore del viso olivastro), a ricordare la Diocesi di Frisinga, di cui Ratzinger fu arcivescovo.
Ora, dopo questo Papa e dopo l’attesa del conclave, la profezia sta ancora per avverarsi, o bisognerà attendere nel tempo perché sia svelata nella sua interezza? I tempi sono ristretti, entro un mese la fumata bianca dalla Cappella Sistina ci dovrebbe dire qualcosa su questa profezia. In tutti questi secoli di storia del soglio di Pietro, nessuno ha mai avuto l’adire di chiamarsi nuovamente Pietro.
Secondo Malachia giungerà, invece, l’ultimo papa, quel “Petrus romanus” al quale ha dedicato, in modo inusitato, oltre al motto, anche un preciso commento. “In persecutione extrema sacrae romanae ecclesiae sedebit Petrus romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibi transactis, civitas septis collis diruetur, ed Judex tremendus judicabit populum suum. Amen”. Che, tradotto dal latino, recita: “Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa, siederà Pietro il romano, che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni; quando queste saranno terminate, la città dai sette colli sarà distrutta, ed il temibile giudice giudicherà il suo popolo. E così sia”.
Per dovere di cronaca, nel modo più preciso possibile, vale sottolineare che Malachia cita, come successore di Benedetto XVI, “Petrus Romanus”. Almeno nel periodo di vacatio, sarà il Camerlengo, che in questo caso dovrebbe essere il cardinale Tarcisio Pietro Evasio Bertone, nato a Romano Canavese. Se si trattasse solamente di una fortuita coincidenza, non sarebbe cosa da poco. Ed ancora, fra i papabili vi sono due cardinali di colore che portano il nome Peter. Ma qui si entra in un’ altra profezia, quella che, sempre secondo l’interpretazione, vede nel prossimo Papa che si affaccerà su Piazza San Pietro, un “Caput nigrum”, un Papa nero.
Non ci dimentichiamo, però, che nel Conclave, nel ritiro della Cappella Sistina, sarà lo Spirito Santo a guidare la mano che scriverà, nel segreto, il nome su una scheda elettorale. Schede che saranno poi bruciate per produrre quella fumata bianca, tanto attesa dai fedeli della Chiesa universale.
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