Le riflessioni a inizio anno dell’Istituto regionale previsione economica
FIRENZE. Irpet, in questi anni, ha riconosciuto il ruolo del Consiglio “anche nelle politiche regionali a sostegno dell’economia, del lavoro, dello sviluppo del territorio inteso come luogo di creazione e diffusione ricchezza”. E il nesso tra attività dell’assemblea e scelte per lo sviluppo della Toscana, è reso del tutto evidente dalle ultime vicende della legislatura. Così Alberto Monaci, presidente del Consiglio regionale, che questa mattina ha pronunciato il suo “congedo istituzionale personale” dalle conferenze di inizio anno dell’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana.
L’intervento del presidente ha mosso proprio dalle questioni al centro dei lavori di palazzo Panciatichi, dall’integrazione al Pit con valenza di piano paesaggistico alla riorganizzazione delle funzioni delle province; dalla riforma dell’organizzazione del sistema sanitario regionale alla riforma della normativa regionale in materia di turismo. “Alcuni di questi temi entro la fine del mese avranno certamente concretizzazione in provvedimento, e non come mera trasposizione della proposta di Giunta, ma come frutto di un lavoro di esame, con modifiche ed integrazioni, svolto dentro il Consiglio”.
La capacità dell’assemblea legislativa di “incidere, mediante il processo normativo, e dunque regolatorio, su tanti aspetti di stretta attinenza con lo sviluppo economico-territoriale”, secondo Monaci “è l’elemento portante delle politiche pubbliche regionali a ciò orientate”. Ed è “di maggior portata rispetto alle stesse risorse economico-finanziarie, secondarie per importanza rispetto ad un funzionale quadro normativo-regolatorio”. Ciò specie in un contesto costituzionale riformato, con l’obiettivo di una chiarificazione di competenze fra Stato e Regioni.
La crisi, dice l’Irpet, c’è ancora e la ripresa stimata per il 2015 è debole, ancorché un segnale di speranza. “Il terreno perso – continua il presidente – è troppo per poter trovare compensazione in un 1% di crescita stimata ma – aggiunge – non sta a me fare le analisi alle analisi dell’Irpet, che hanno sempre avuto il merito di essere veritiere. Un merito non da poco”.
Le sfide del sistema toscano, continua Monaci, sono quelle “della modernità”: da una parte creare le condizioni per attrarre investimenti – offrendo buona amministrazione, capitale umano qualificato, infrastrutture di servizio efficienti, certezza delle norme, con conseguente basso rischio di contenzioso e ridotta incidenza di costi legali –; dall’altra sostenere la capacità dell’impresa toscana di stare sul mercato, di competere, di crescere nello scenario globale – creando sostegno duraturo ai processi di internalizzazione e sostenendo l’accesso ai capitali finanziari –.
Le prime, continua Monaci, riconducono “al ruolo determinante dei centri legislativi”. Parlamento o assemblee regionali che siano, “i processi riformatori passano inderogabilmente da processi di revisione normativa, necessari a creare le basi giuridiche e di legittimità ai processi decisionali degli esecutivi”. Dalla riforma del mercato del lavoro (il Jobs Act) al Pit, afferma il presidente, “la ridefinizione di un quadro regolatorio – le riforme – è la precondizione alla generazione di sviluppo. Perché non può che essere lo sviluppo il contesto verso cui orientare ogni processo riformatore”.
Il secondo ordine di sfide investe “l’urgenza di una revisione, concertata a livello nazionale, degli strumenti pubblici di sostegno alle imprese che vogliono andare e stare sui mercati internazionali, da un lato, e, dall’altro, le politiche del credito, essendo ancora oggi il credito la principale fonte di approvvigionamento finanziario di un sistema di imprese ancora caratterizzato da dimensioni contenute, quando non ridotte, dunque spesso sottocapitalizzato”.
Il ruolo della Regione, “benché marginale, in questa partita non può che essere all’insegna di un sano realismo”. Rispetto al disegno di recupero allo sviluppo della Toscana, si può riflettere, magari proprio con l’aiuto dell’Irpet, sulla funzionalità “di una regione, intesa come spazio territoriale definito, con le sue imprese e le sue attività economiche, in cui i principali attori del credito non hanno, o meglio non avranno, la testa pensante dentro il ‘granducato’. Delle più dinamiche regioni d’Italia, infatti, la Toscana rischia – col percorso intrapreso da Mps – di essere l’unica che in un futuro non tanto remoto non avrà in loco più centri decisionali del credito (del credito di maggior peso nel paese, ovviamente)”. Con quali “effetti per il sistema delle imprese e l’economia tutta”?, si chiede in chiusura Monaci che assicura: “Io la mia idea me la sono fatta; ma al presidente del Consiglio regionale, nella sua veste istituzionale, può competere la domanda. Non la risposta”.