FIRENZE. Arriva la riforma della caccia, attraverso importanti modifiche alla precedente legge 3/1994 che recepiva le ‘Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma ed il prelievo venatorio”.
Cambia proprio la concezione di base, in quanto essa parte dall’interesse del mondo rurale, riconducendo anche gli interventi finanziari alla programmazione prevista dal Piano Agricolo Regionale (PAR).
Il principio tecnico-scientifico su cui ruoterà ogni decisione di programmazione futura della caccia sarà quello della ‘densità venatoria sostenibile’ di selvaggina. Obiettivo: circoscrivere i danni alle produzioni agricole e riequilibrare la presenza delle diverse specie animali sul territorio. Prima di tutto si mette un freno alla prolificazione incontrollata degli ungulati. Nel 1994, quando la vecchia legge venne approvata, cinghiali, caprioli, daini, cervi e mufloni erano specie poco diffuse e non arrecavano danni all’agricoltura ed ai boschi.
Al centro di tutto il nuovo sistema amministrativo ci saranno le Amministrazioni Provinciali alle quali la Regione ha delegato la pianificazione locale e la gestione operativa.
Saranno proprio le Province ad autorizzare l’abbattimento dei cinghiali in qualsiasi periodo dell’anno, anche sui terreni innevati. Sempre, in caso di danni alle coltivazioni ed alla zootecnica, si potrà sparare anche a storno, tortora orientale dal collare e piccioni di città.
“Abbiamo dato una precisa risposta ad un problema emergente –ha dichiarato Aldo Manetti (Prc), presidente della Commissione agricoltura e relatore di maggioranza-, mettendo al centro dell’interesse il mondo agricolo, in un grave momento di crisi economica, regolando diversamente l’attività venatoria. Questa legge, una volta rimodulata la presenza di ungulati in Toscana, potrà essere rimodellata tra qualche anno. Per questo, avviato il nuovo percorso, è essenziale sottoporlo a studio, verifica scientifica, reperimento dei dati e maggiori controlli, al fine di valutare la corretta ed utile applicazione della norma, anche per una sua eventuale modifica”.
La riforma va nel profondo e coinvolge maggiormente le realtà territoriali, in quanto tutta la materia della pianificazione e della programmazione è rimodulata, compresa quella degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC), con la totale competenza attribuita alle Province. Una quota di territorio provinciale agro-silvo-pastorale non inferiore al 20 e non superiore al 30 per cento deve essere destinato alla protezione della fauna selvatica: sui comprensori restanti e non soggetti ad altra destinazione, possono essere creati gli ATC per la caccia programmata (secondo precise regole di equilibrio tra zone ed oasi di protezione o di ripopolamento e cattura), i centri di riproduzione della selvaggina, le aziende faunistico venatorie e agrituristico-venatorie, le aree di addestramento cani. Le attività svolte dagli ATC sono affidate ad appositi comitati di gestione che determinano l’accesso dei cacciatori ed i programmi di intervento di miglioramento ambientale oltre all’erogazione dei contributi per la prevenzione ed il risarcimento dei danni della selvaggina.
Lo strumento di riferimento sarà il ‘Piano faunistico venatorio provinciale’. Con tale piano le Provincie provvedono anche alla ripartizione delle risorse da destinare alle diverse azioni previste. Il ‘Piano annuale di gestione’ delle Amministrazioni provinciali, poi, renderà operativa ogni attività.
La norma indica inoltre le regole per la creazione di aziende faunistico-venatorie ed aziende agrituristico-venatorie (con minimo 100 ettari), dell’accesso e delle modalità di caccia all’interno di esse, che potrà avvenire anche con selvaggina di allevamento.
Per la vigilanza dell’attività venatoria sarà utilizzato anche il corpo di polizia municipale, oltre a guardie giurate e guardie forestali e campestri delle Comunità Montane. Mentre per le guardie venatorie volontarie e ambientali volontarie (GAV) è prevista un’adeguata preparazione sulla normativa di riferimento, come per l’esame per il porto d’armi della caccia. Tra le due principali novità novità: la possibilità di commercializzare la selvaggina nelle sagre e nelle manifestazioni gastronomiche della Toscana (nel rispetto delle leggi sanitarie per la macellazione); la creazione dell’Osservatorio per la fauna e l’attività venatoria e della Commissione consultiva regionale.
“Siamo riusciti a sgomberare il campo da due concezioni estreme: caccia ovunque e no alla caccia. Anche per far fronte all’emergenza ungulati –ha detto Manetti- che producano danni all’agricoltura, ai boschi e spesso agli automobilisti, visti i tanti incidenti che sono successi. Cerchiamo, così, di non rendere irreversibile lo squilibrio che si è determinato tra le specie ed in alcune zone. Certamente –ha concluso il presidente della Commissione Agricoltura- quando si allentano i cordoni dell’attività venatoria si può incorrere in qualche pericolo, per questo occorre osservare e controllare ciò che avverrà”.
La legge sul calendario venatorio prevede sia il periodo di caccia (dalla 3° settimana di settembre al 31 gennaio) sia l’obbligo di indossare abiti altamente visibili (i cosiddetti giubbotti fosforescenti) per i cacciatori che partecipano alle squadre del cinghiale.