In mostra a San Gimignano
di giorgio mancini
SAN GIMIGNANO. Nella sala dell’antico Palazzo della Cancelleria, in via San Matteo, espone un sangimignanese che potremmo definire figlio d’arte, ma proprio questo è il punto: Alessandro Pantani ci tiene troppo a non essere chiamato artista, ma artigiano, con la A maiuscola.
Una famiglia, dal padre Gino ai figli Massimo, Alessandro e Paola, hanno respirato l’aria di bottega, tra cornici e dipinti, prendendo però, con studi diversi, ognuno la propria strada, ritornando, infine, in un modo o in un altro, alle origini, alla “bottega”.
Dal suggestivo androne di tanti anni fa, che era in via di Quercecchio, dove persino le “antiche” ragnatele raccontavano storie, ora Alessandro presenta i suoi lavori in questa mostra nel palazzo della Cancelleria, presi in prestito dal suo laboratorio-studio di via San Martino, dove si rivive un po’ il fascino di quello più antico del padre.
Alcune opere sono piccoli “quadri scultorei”, che vivono come dei racconti di pezzi di legno portati dal mare o finiti in riva al mare, su spiagge deserte invernali, che Alessandro trasforma in narrazioni che vivono una loro fantasiosa storia e la raccontano come sanno fare gli artisti.
Pannelli formati da pezzi di legni levigati dalla salsedine che, intarsiati con altri oggetti come vecchi caratteri tipografici in legno, ormai in disuso, creano eleganti composizioni; oppure paesaggi di case e castelli, campanili e piccole casette che si ergono su colline e scogli irti e improbabili, che fanno sognare, tanto da apparire veri, in un mondo lillipuziano, che finisce inquadrato in uno spazio dove la cornice acquista una sua specifica dimensione e valore.
I dipinti di Alessandro, invece, sono scenografici come bozzetti teatrali o “ritagli” di dipinti che si sposano con la cornice. L’opera d’arte e la sua stessa “inquadratura” che la contorna vivono all’unisono, e non potrebbe essere diversamente, come avviene tra le orchidee selvatiche che si avvinghiano e crescono sul tronco di un albero o su una pietra, in una parassitica simbiosi.
Si avverte che questi lavori sono nati da un figlio d’arte, ma per diventare, fin dal loro concepimento, la raffinata opera di un “artigiano”.