Il Telefono è un breve atto unico della durata di una ventina di minuti, scritto da Menotti su invito della Ballet Society di New York, che intendeva presentare The Medium, per completare la serata con un contraltare comico.
Su una spassosa trama, in cui le telefonate si inseriscono come ‘pezzi chiusi’, Menotti presenta una garbata satira di uno dei piccoli vizi del nostro tempo: la logorrea telefonica. Il telefono è un vero e proprio personaggio della commedia: emette arpeggi pianistici quando si compone il numero, e suona come un bambino che chiama aiuto quando Ben si avvicina per tagliare il filo. La grande protagonista è Lucy la cui esuberanza vocale sopraffa Il povero Ben che deve accontentarsi di balbettii frammentari.
La Serva padrona, dalla metà del Settecento è stata considerata la madre di tutto il teatro comico in musica. L’origine del mito risale al 1º agosto 1752, quando, a Parigi, la compagnia di commedianti di Eustachio Bambini mise in scena questi due intermezzi.
La rappresentazione avvenne in una temperie culturale arroventata dai philosophes illuministi, scatenando una polemica di vaste proporzioni (la cosiddetta ‘querelle des bouffons’), che alla preminenza della declamazione – di gusto francese – opponeva quella del canto puro coltivata dagli italiani, di cui La serva padrona era apparsa come la rivelazione folgorante.
La cifra caratteristica della Serva padrona è la formulazione di un linguaggio musicale comico di assoluta pregnanza e incisività. Pergolesi punta direttamente alla caratterizzazione dei due personaggi, cogliendo l’aspetto dinamico della personalità di entrambi (l’intraprendenza volubile e determinata di Serpina, come l’irresoluta irrequietezza di Uberto), e ne formula l’equivalente musicale con rigorosa coerenza stilistica per tutta la partitura.
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