Visibili anche i gioielli "archeologici" della famiglia Castellani
AREZZO. Dagli Etruschi fino ad oggi una linea d’oro e di alta sapienza artigianale dei metalli percorre la storia di Arezzo: un filo sotterraneo che è tornato a brillare attraverso la mostra L’ORO NEI SECOLI, inaugurata il 16 aprile nelle prestigiose sale espositive della Basilica di San Francesco, restaurate in occasione dell’anno vasariano e situate proprio in stretta vicinanza con uno dei gioielli più preziosi della città, gli affreschi pierfrancescani della “Leggenda della Vera Croce”. Tradizione e innovazione, arte e storia si uniscono in questo evento che offre al pubblico una selezione dei gioielli della Collezione Castellani, custodita al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma e finora uscita solo per mostre a Londra e New York.
La collaborazione tra la Soprintendenza ai Beni Culturali di Arezzo e quella ai Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, unitamente a Mosaico e Munus (società concessionarie per la gestione dei servizi museali nella Basilica di San Francesco ed altri luoghi storici aretini), ha permesso, con il fondamentale contributo di Banca Etruria, di allestire una mostra di altissimo valore e suggestione, comprendente gioielli, documenti d’archivio e un innovativo sistema multimediale (con l’animazione di tre dipinti), che nel complesso offrono un panorama dell’oreficeria italiana del XIX secolo, in un momento di grandi cambiamenti storici e culturali.
Fulcro della mostra i gioielli ideati e realizzati dalla famiglia Castellani, i cui esponenti furono raffinati collezionisti e soprattutto appassionati studiosi delle tecniche dell’antica lavorazione dell’oro e delle gemme: nel 1814 Fortunato Pio Castellani aprì una bottega artigiana in Via del Corso a Roma e, sulla spinta delle grandi scoperte archeologiche di fine ‘700 e primi ‘800, lui e i suoi eredi divennero creatori del cosiddetto ‘gioiello archeologico’. Quindi, rompendo con la tradizione francese del gioiello appariscente, crearono anelli, orecchini, spille, collane ispirati e realizzati con le tecniche quasi irripetibili della lavorazione etrusca e grecoromana, dalla filigrana al micromosaico, inserendovi con grande sapienza e fantasia gemme, smalti e anche reperti preziosi degli scavi del tempo. Ne scaturì una gamma amplissima di manufatti, dal caratteristico colore ‘giallone’, che riproduceva le cromie e le leghe auree etrusche. I gioielli Castellani incontrarono il grande favore della nobiltà papalina e della borghesia risorgimentale e postunitaria e vennero apprezzati e ricercati dai protagonisti del ‘grand tour’, attratti dalle bellezze di Roma ma anche da quei gioielli così unici ed originali. Il successo della bottega aprì le porte anche per ordinazioni di casa Savoia e della casa Reale inglese e per mostre a Vienna, Parigi, Berlino, Usa. Non a caso, oltre ai circa 2000 pezzi conservati attualmente a Villa Giulia, parte di questi splendidi monili si trovano oggi in collezioni private straniere.
La famiglia Castellani ebbe il merito anche di contribuire a restaurare la collezione di gioielli e oggetti ellenistici e romani del marchese Pietro Campana, impedendone la dispersione e al tempo stesso ricavandone con attento studio indicazioni tecniche, stilistiche e storiografiche, che nel 1862 vennnero classificate ed esposte nell’opuscolo “Discorso sull’oreficeria antica”, scritto da Augusto Castellani. Nel 1919, al subentrare dell’Art Nouveau, del Decò e di nuove mode, l’ultimo discendente Alfredo Castellani donò allo Stato italiano l’intera collezione dei preziosi gioielli rimasti, una selezione dei quali è ora possibile ammirare in tutto il loro splendore e magia nella mostra aretina. Tra le varie ‘meraviglie’ dell’esposizione anche l’ologramma di un gioiello della collezione Castellani ricostruito in digitale e posto al centro di un proiettore oleografico (opera dello Studio Franco Viviani). L’esposizione si avvale della collaborazione dell’Università e Nobil Collegio degli Orefici di Sant’Eligio di Roma e ha come curatrici Alfonsina Russo, soprintendente per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale e Ida Caruso, presenti alla conferenza stampa inaugurale, assieme al presidente di Munus, Zamorano, ai vertici di Banca Etruria, al soprintendente Agostino Bureca e all’assessore Comunale alla Cultura Giuseppe Pasquale Macrì.
Da tutti è stato sottolineato il profondo rapporto della mostra con le radici etrusche che Arezzo può vantare e con il contesto economico e culturale aretino, da decenni legato in forma eccellente alla produzione orafa e da secoli caratterizzato da multiforme creatività artistica, come terra natale di ‘grandi’ personaggi, da Mecenate a Guido Monaco, da Giorgio Vasari a Francesco Redi. Oggi più che mai, in un periodo di crisi e disorientamento, recuperare il proprio glorioso passato e il senso del bello, coniugandolo con l’innovazione e la qualità, diventa quindi essenziale.
In questa linea ben si inserisce anche la partecipazione del noto argentiere aretino Giovanni Raspini, che, in omaggio alla mostra, ha ricreato, in un locale antistante l’ingresso dell’esposizione, un’antica bottega orafa. Uno spazio magico, alchemico, arredato con mobili e strumentazioni d’epoca, ornato di coralli, conchiglie, vasi, stampe: qui si potrà ammirare, per tutto il periodo espositivo, un artigiano che manualmente esegue lavori a sbalzo e cesello, con l’identica tecnica di duecento anni fa e forse più ancora… A dimostrazione, come Raspini ha affermato, che “nessuna tecnologia potrà sostituire la manualità e l’ingegno umano”, quello che secoli fa ispirò e creò la stupenda Chimera, simbolo della città di Arezzo, che ora ne raccoglie il testimone con più consapevole orgoglio, rilanciando una vera testimonianza di un ‘Made in italy’ che ha fatto scuola nell’800.
La mostra “L’ORO NEI SECOLI”, della quale è già edito il catalogo (Mosaico-Palombi), rimarrà aperta fino al 2 novembre 2014 con orario 9.00-19.00, con prezzo di ingresso calibrato (5 euro) e possibilità di biglietto cumulativo a prezzo ridotto per la Basilica di San Francesco, Museo Casa Vasari, Museo Archeologico “Mecenate” e al percorso “Lo splendore eterno”, esposizione di manufatti in oro di varie epoche, presso un’altra meraviglia aretina, la Casa Museo di Ivan Bruschi, davanti alla spettacolare Pieve di Santa Maria Assunta. E siamo sicuri che i visitatori e turisti porteranno con sè negli occhi e nel cuore un barlume di questo ‘oro dei secoli’ qui conservato…
Info e biglietteria: 0575 352727.
(Foto Tavanti)