Non sono piaciute le dichiarazioni di Mussari
ROMA. Leggiamo su MF di venerdì 7 settembre che secondo l’ABI nelle banche ci sarebbero 20 mila esuberi. In particolare, il Presidente Mussari collega con molta disinvoltura questo aspetto al fatto che “l’industria bancaria non riesce più ad avere margini di guadagno”.
Il Presidente Mussari afferma che il costo del lavoro in Italia è tra i più alti nel confronto con le banche europee, ma omette di precisare che l’affermazione può ritenersi veritiera solo se si tiene conto del carico fiscale perché, altrimenti, gli stipendi dei bancari italiani sono tra i più bassi d’Europa.
Dopo una dissertazione abbastanza contraddittoria sulle brillanti ristrutturazioni in atto nelle banche europee, (non si capisce cosa abbia impedito a quelle italiane di essere altrettanto brillanti ed efficaci visto che nell’ultimo decennio di ristrutturazioni e controristrutturazioni ne sono state messe in campo di ogni tipo) , il Presidente Mussari chiosa con l’attacco diretto al sindacato ed ai lavoratori bancari: “Questo il quadro complessivo che non sembra chiaro ai sindacati e più in generale agli addetti del settore, visto che si registra una marcata resistenza, ovvero una scarsa sensibilità al cambiamento, alla riconversione e alla riqualificazione professionale, che sono divenuti, invece, ormai imprescindibili. La qualità del personale risulta culturalmente distante dalle nuove esigenze”.
Partendo dal fondo, intanto, respingiamo con forza al mittente l’affermazione riguardante l’impreparazione culturale delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, accompagnandola con l’auspicio che il management delle banche italiane sia, questo sì, culturalmente adeguato alle nuove esigenze perché, in caso contrario, gli effetti sarebbero devastanti per tutto il sistema bancario italiano. In secondo luogo vorremmo esattamente capire quali sono queste nuove esigenze. Secondo Unità Sindacale sarebbero da individuare nel forte sostegno all’economia reale, al territorio, alle esigenze delle imprese, ai giovani. Se queste sono le nuove esigenze, allora il personale bancario è preparatissimo da anni ed anni di lavoro a stretto contatto con la clientela in momenti durissimi dove c’era ben poco da proporre e molto da recuperare sul piano della credibilità e dell’immagine.
In questo ultimo decennio il personale bancario ha subito ogni genere di ristrutturazione, di esternalizzazione, di flessibilità, di riconversione, di riadattamento umano ancor prima che professionale. I sindacati hanno permesso alle banche l’adozione di moltissimi strumenti soprattutto in termini di formazione e flessibilità anche occupazionale, sia in
entrata che in uscita. Strumenti che nella maggior parte dei casi le banche non hanno poi nemmeno utilizzato. Basti pensare alle tante ore di formazione contrattuale rimaste inevase o non correttamente utilizzate, alle ingenti risorse economiche per i programmi di riconversione professionale inutilizzate e giacenti da anni sul fondo di solidarietà di settore, ai numerosi strumenti di flessibilità oraria presenti nei contratti fin dal 1999.
L’elenco potrebbe continuare, ma oggi l’ABI accusa sindacati e dipendenti di non capire. Certamente un paio di cose non le capiamo: dove sono finiti gli iperbolici guadagni delle banche italiane negli anni 2002/2006 (quelli dei mitici ROE a due cifre, per intenderci)? Se le cose stavano per andare così male come mai si è continuato a pagare, praticamente fino ad oggi, dividendi iperbolici agli azionisti e stipendi e premi faraonici al management?
Chiudiamo con un messaggio a Giuseppe Mussari: “Egregio Presidente quali sono queste nuove esigenze? Noi stiamo con i lavoratori ma anche con le imprese e la clientela tutta che ogni giorno i lavoratori affrontano con grande senso del dovere e con grande professionalità. L’ABI da che parte sta?”
La segreteria Unisin Nazionale
Il Presidente Mussari afferma che il costo del lavoro in Italia è tra i più alti nel confronto con le banche europee, ma omette di precisare che l’affermazione può ritenersi veritiera solo se si tiene conto del carico fiscale perché, altrimenti, gli stipendi dei bancari italiani sono tra i più bassi d’Europa.
Dopo una dissertazione abbastanza contraddittoria sulle brillanti ristrutturazioni in atto nelle banche europee, (non si capisce cosa abbia impedito a quelle italiane di essere altrettanto brillanti ed efficaci visto che nell’ultimo decennio di ristrutturazioni e controristrutturazioni ne sono state messe in campo di ogni tipo) , il Presidente Mussari chiosa con l’attacco diretto al sindacato ed ai lavoratori bancari: “Questo il quadro complessivo che non sembra chiaro ai sindacati e più in generale agli addetti del settore, visto che si registra una marcata resistenza, ovvero una scarsa sensibilità al cambiamento, alla riconversione e alla riqualificazione professionale, che sono divenuti, invece, ormai imprescindibili. La qualità del personale risulta culturalmente distante dalle nuove esigenze”.
Partendo dal fondo, intanto, respingiamo con forza al mittente l’affermazione riguardante l’impreparazione culturale delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, accompagnandola con l’auspicio che il management delle banche italiane sia, questo sì, culturalmente adeguato alle nuove esigenze perché, in caso contrario, gli effetti sarebbero devastanti per tutto il sistema bancario italiano. In secondo luogo vorremmo esattamente capire quali sono queste nuove esigenze. Secondo Unità Sindacale sarebbero da individuare nel forte sostegno all’economia reale, al territorio, alle esigenze delle imprese, ai giovani. Se queste sono le nuove esigenze, allora il personale bancario è preparatissimo da anni ed anni di lavoro a stretto contatto con la clientela in momenti durissimi dove c’era ben poco da proporre e molto da recuperare sul piano della credibilità e dell’immagine.
In questo ultimo decennio il personale bancario ha subito ogni genere di ristrutturazione, di esternalizzazione, di flessibilità, di riconversione, di riadattamento umano ancor prima che professionale. I sindacati hanno permesso alle banche l’adozione di moltissimi strumenti soprattutto in termini di formazione e flessibilità anche occupazionale, sia in
entrata che in uscita. Strumenti che nella maggior parte dei casi le banche non hanno poi nemmeno utilizzato. Basti pensare alle tante ore di formazione contrattuale rimaste inevase o non correttamente utilizzate, alle ingenti risorse economiche per i programmi di riconversione professionale inutilizzate e giacenti da anni sul fondo di solidarietà di settore, ai numerosi strumenti di flessibilità oraria presenti nei contratti fin dal 1999.
L’elenco potrebbe continuare, ma oggi l’ABI accusa sindacati e dipendenti di non capire. Certamente un paio di cose non le capiamo: dove sono finiti gli iperbolici guadagni delle banche italiane negli anni 2002/2006 (quelli dei mitici ROE a due cifre, per intenderci)? Se le cose stavano per andare così male come mai si è continuato a pagare, praticamente fino ad oggi, dividendi iperbolici agli azionisti e stipendi e premi faraonici al management?
Chiudiamo con un messaggio a Giuseppe Mussari: “Egregio Presidente quali sono queste nuove esigenze? Noi stiamo con i lavoratori ma anche con le imprese e la clientela tutta che ogni giorno i lavoratori affrontano con grande senso del dovere e con grande professionalità. L’ABI da che parte sta?”
La segreteria Unisin Nazionale