Non c'è intesa su alimentari ed investimenti
NEW YORK. Il Ttip, il Trattato di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione europea, è fermo. I negoziatori non sanno ancora se ci saranno altri incontri prima che Obama lasci la Casa Bianca. Con un nuovo inquilino nella sala ovale ecco le due ipotesi: con Clinton i trattati ripariterebbero, con Trump sarebbero sepolti. Oltre alle indicazioni geografiche i problemi sul tavolo sempre gli stessi: la protezione degli investimenti, lo sviluppo sostenibile, materie prime ed energie.
Gli Stati membri hanno consegnato ai negoziatori della Commissione un mandato unanime, rispetto al quale nessuno si è ancora tirato indietro, ma molti si sono rivelati critici sul contenuto del trattato, tra questi il presidente francese Francois Hollande, i cui elettori sono tra i più ferventi oppositori dell’intesa. Nemmeno i tedeschi nascondono i loro dubbi. Il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz si è schierato a favore dell’approvazione dell’accordo di commercio Ceta con il Canada ma si è dichiarato “riluttante” verso il Ttip: “Guardando a quello che i canadesi hanno concesso nell’accordo con la Ue, abbiamo fatti enormi progressi, per il Ttip i segnali di Washington sono che non sono pronti ad accettare quello che il Canada ha concesso”. E Jean Claude Juncker ha detto che Bruxelles “non si inginocchierà davanti agli americani” e “non getterà al vento i principi che hanno fatto il successo dell’Europa” nella dimensione di economia sociale di mercato.
Dopo tre anni di negoziati (tenuti per lo più segreti, tanto che molti non sapevano nemmeno di cosa si parlasse), il Parlamento europeo valuta l’ipotesi di un trattato in due parti, una relativa solo ai temi commerciali che potrebbe essere approvata senza l’avvallo dei singoli Stati (il commercio estero è competenza esclusiva della Commissione) e una con tutto il resto che sarebbe ratificata nel tempo, ma le distanze tra le parti paiono incolmabili. Gli europei si sono resi conto che le offerte scambiate con la controparte americana sono tutt’altro che convenienti: sul fronte alimentare, la tutela delle Dop, Igp e Doc – unico modo per essere davvero concorrenziali nei confronti di prodotti americani che puntano tutto su bassi prezzi – è ancora troppo debole. Italia e Francia, in particolare, speravano di rinegoziare l’accordo sulla denominazione dei vini.
A livello economico, però, la partita più importante riguarda gli appalti pubblici negli Stati Uniti, che sono disposti ad aprire il mercato agli europei ma in alcuni stati è in vigore la norma che impone l’utilizzo di materie americane per la realizzazione di opere pubbliche. Condizioni inaccettabile per Bruxelles perché discrimina i prodotti europei, non crea lavoro qui e non alimenta il Pil. Utile, quindi, solo per le multinazionali, ma in contrasto con gli obiettivi dichiarati dal Ttip che punta a una crescita dell’economia – a regime – nell’ordine di 120 miliardi di euro con l’aumento dell’occupazione. Dal punto di vista politico è proprio questa la difficoltà maggiore: quante concessioni è disposta a fare la Ue sul fronte dell’agricoltura e della tutela dei nomi in cambio dell’accesso ai mercati?
La parti sono distanti anche sulla questione della tutela degli investimenti esteri: gli americani vorrebbero una corte arbitrale nominata di volta in volta a seconda delle dispute, l’Unione europea propone un tribunale con un doppio grado di giudizio.