ROMA.Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma ha scoperto una frode per 60 milioni di euro, organizzata da imprese italiane, francesi e tedesche, operanti nel settore della compravendita di prodotti elettronici e tecnologici. Lo scopo delle imprese era di conseguire un illecito risparmio d'imposta e di immettere in consumo prodotti a prezzi fortemente competitivi, eludendo i controlli dell'amministrazione finanziaria: un danno, quindi, all'erario ma anche una turbativa sulle dinamiche economiche che assicurano la regolare concorrenza sul mercato. Il "carosello fiscale" potrebbe figurativamente essere rappresentato come un circuito commerciale, tra imprese operanti all'interno dell'Unione Europea, in seno al quale si provocano solo formalmente "dei movimenti a catena", grazie all'interposizione di societa' "cartiere" (cioe' che producono solo carta, vale a dire fatture) e di societa' "filtro", partendo dal fondamentale presupposto che per le transazioni tra paesi dell'U.E. l'IVA sugli acquisti deve essere versata nelle casse dell'erario dal primo acquirente-importatore. Le prime (le cartiere) con la funzione di assumersi integralmente il debito IVA che non avrebebro mai provveduto mai a versare, sparendo dalla circolazione mediante operazioni di liquidazione, hanno effettuato trasferimenti continui della sede sociale, con intestazione delle quote e della titolarita' legale dell'impresa a prestanome (per tali motivi esse sono comunemente denominate "missing trader"). Le seconde (le societa' filtro) hanno operato con lo scopo di procurarsi una illecita detrazione dell'IVA e di introdurre sul mercato beni a prezzi fortemente concorrenziali. Il meccanismo scoperto dai Finanzieri di Velletri ruotava intorno ad alcune imprese sia comunitarie (francesi e tedesche), sia italiane: i principali fornitori comunitari cedevano, ma solo cartolarmente e quindi "falsamente", i beni alle imprese laziali, senza applicazione dell'IVA, mentre la societa' filtro italiana cedeva anch'essa cartolarmente e pertanto con emissione di fatture false, i beni a clienti italiani, con applicazione dell'IVA trattandosi di normali cessioni nazionali; da qui l'obbligazione tributaria in capo alla seconda societa', consistente nel versamento dell'IVA che, pero', non veniva effettuato; i clienti italiani, in generale rilevanti operatori commerciali e destinatari effettivi dei beni, al momento dell'acquisto, trattandosi di operazione nazionale, maturavano addirittura il diritto alla detrazione dell'imposta, quest'ultima solo cartolarmente ricompresa nel prezzo corrisposto alla societa' B.