ROMA. La levata di scudi trasversale contro la riforma delle banche, che ha indotto la presidenza del Consiglio a togliere dall’ordine del giorno l’investment compact e le misure sulle banche, nel Cdm convocato oggi alle 13,00 e posticipato alle 15,00, significa che la riforma su banche popolari e portabilità dei conti correnti è giusta e necessaria per sbloccare il credito, attivare la concorrenza, rendere più competitive e contendibili le popolari non quotate che vessano gli azionisti e maggiormente fruibili e meno onerosi i costi dei servizi bancari.
Il trasferimento di un conto corrente che deve avvenire «senza spese aggiuntive di qualsiasi origine e natura» a carico del cliente, analogamente all’esclusione di costi di produzione per l’invio dell’ estratto conto, continuerà a restare lettera morta in assenza di doverose sanzioni per le banche inadempienti, la cui fertile fantasia continua a sfornare balzelli aggiuntivi, spese e commissioni per appesantire i salati costi di gestione che arrivano a 321 euro annui, contro una media europea di 114 euro.
Dall’ultimo monitoraggio Adusbef del dicembre 2014, il costo medio di gestione di un conto corrente con “profilo a bassa operatività” e rigorosa metodologia ISC (Indicatore Sintetico di Costo) si attestava a 321 euro, con le 10 primarie banche italiane che praticavano dai 238,35 euro della Bnl (la più economica), ai 337,18 di Unicredit; dai 273,20 di Intesa San Paolo, ai 438,70 della Banca Popolare di Vicenza (tra le più care), la cui media ponderata ISC di 321 euro su 57 banche indagate risultava più cara del +308% rispetto a 101 euro indicati da Bankitalia, + 300% rispetto ai 114 euro della media Ue di 27 paesi.
L’Italia maglia nera per i costi dei conti correnti, i tassi applicati sui mutui e sul credito al consumo, per le spese dei bonifici e trasferimenti di denaro, oltre che per l’imposizione di costose polizze assicurative di 15/20.000 euro per chi riesce ad ottenere un mutuo, dovrà adeguarsi alle direttive europee, anche sulla portabilità dei conti correnti da una banca all’altra in un tempo stabilito di 30 giorni, ulteriore misura efficace, come quella attivata per la portabilità dei numeri di telefono da un gestore all’altro, per impedire accordi di cartello e clausole vessatorie nei contratti di durata, tese a negare i diritti di consumatori e correntisti.
Attualmente per destinare le operazioni bancarie, riconoscere un conto corrente e dare la certezza che ordini di pagamento (bonifico) e/o di prelevamento (assegno) impartiti dal correntista vadano a buon fine, esistono due codici fondamentali (ABI per individuare l’Istituto di Credito) e Cab (che individua lo sportello sul quale il conto è radicato),oltre al numero di conto corrente ed al Codice Iban composto da 27 caratteri. La portabilità deve prevedere un sistema informatico in grado di conoscere per quel determinato numero di conto, codice Abi, Cab ed Iban in qualsiasi momento: se si cambia banca, occorre un meccanismo di informazione del sistema informatico centralizzato.
Ciò presuppone che il sistema sia costantemente aggiornato sull’indirizzo bancario relativo a quel determinato numero di conto corrente, condizione indispensabile di un “cervellone”, aggiornato in tempo reale, in grado di accentrare tutti i conti su base nazionale e le loro variazioni di indirizzo bancario, sul modello della Centrale Rischi della Banca d’Italia. L’accentramento dei conti correnti nazionali presso Bankitalia (con 7.000 dipendenti), potrebbe essere la soluzione in grado di realizzare e gestire il sistema informatico centrale per consentire la portabilità dei conti. Ma dalle parole e promesse di marinaio, ben conoscendo le pressioni delle lobby bancarie e gli ostacoli trasversali dei filo-banchieri di complemento, aspettiamo i fatti.
Elio Lannutti (Adusbef) – Rosario Trefiletti (Federconsumatori)