STANFORD. Dalla sua stanza angusta e caotica alla Stanford University, dove insegna computer sciences, Dill ha esaminato a lungo le macchine per il voto elettronico usate nel 2000 e nel 2004 sentenziando che non sono affatto affidabili. Dopodiché ha redatto una petizione per chiedere di adottare sistemi capaci di lasciare almeno un «sentiero di carta», utilizzabile per verificare la correttezza del risultato, in caso di contestazioni. Il documento è stato accolto da 31 Stati della federazione. Quattro o cinque si sono già mossi. Tutti gli altri, applicheranno quelle raccomandazioni il prima possibile. Le presidenziali alle porte corrono il deliberato rischio di venire contestate per la terza volta consecutiva. Il sospetto della frode elettronica è destinato ad aleggiare anche sui risultati dell'imminente consultazione. Dopo i casi del 2000 (quando Bush strappò la Casa Bianca a Gore per una differenza di 537 voti in Florida, peraltro contestata) e del 2004 (quando John Kerry perse l'intera partita in Ohio, dopo che gli exit poll l'avevano dato vincitore al 54%) c'è già chi scommette sul possibile, prossimo Stato dello scandalo: la Pennsylvania. O forse la Virginia.