ROMA. Dal 1° gennaio lavorare dopo la pensione non sarà più un problema. L'Inps ha spiegato come funziona il cumulo tra pensioni e redditi di lavoro di qualsiasi natura, come stabilito dall'articolo 19 della manovra d'estate (legge 133/2008).
Le nuove regole valgono per i trattamenti vecchi e nuovi liquidati con il sistema retributivo o misto (almeno un versamento al 31 dicembre 1995) e per le pensioni contributive in presenza di determinati requisiti.
L'eliminazione del divieto di cumulo non incide in alcun modo sulle pensioni di vecchiaia esenti da tempo da qualsiasi trattenuta. Cambia tutto invece per i pensionati di anzianità. Finora sono sfuggiti al divieto di cumulo soltanto coloro che hanno acquisito il diritto con 40 anni di contributi o, in alternativa, con 37 anni di versamenti combinati a un età minima di 58 anni. Tutti gli altri (e non erano pochi )pagavano pegno. Perdevano cioè tutta la pensione se si rioccupavano come dipendenti; mentre se svolgevano un'attività autonoma lasciavano nelle casse dell'Inps una bella fetta dell'assegno. Dovevano rinunciare in pratica al minor importo fra il 30% della quota eccedente il trattamento minimo (5.760 euro nel 2008) e il 30% del reddito conseguito.
Dal 1° gennaio il problema non esiste più. Assegno e redditi di lavoro diventano cumulabili per i titolari di trattamenti anticipati. Fermo restando che i dipendenti possono beneficiare del doppio reddito solo se c'è stata, in data anteriore alla decorrenza della pensione di anzianità, la cessazione del rapporto di lavoro.