STRASBURGO. La Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo ha bocciato i ricorsi presentati da privati cittadini e associazioni cattoliche contro la sentenza con la quale è stata autorizzata la sospensione dell'idratazione e del nutrimento di Eluana Englaro. I giudici di Strasburgo hanno respinto su tutta la linea le tesi dei ricorrenti. Innanzitutto essi "non hanno alcun legame diretto" con la persona in coma dal 1992. Ma soprattutto non hanno fornito prove ed elementi sufficienti per dimostrare che lo Stato italiano è venuto meno, con la sentenza della Corte d'appello di Milano, alla tutela dei loro diritti alla vita e a un processo equo, nonché al divieto di trattamenti inumani o degradanti. Quello di Eluana Englaro, per i giudici di Strasburgo, è quindi un caso a sé stante che riguarda solo le persone e i fatti oggetto della sentenza. "Affinché un ricorrente possa dichiararsi vittima – si legge nel comunicato con cui la Corte ha reso nota la sua decisione sulle otto cause prese in esame – occorre produrre indizi ragionevoli e convincenti" che dimostrino la probabilità di subire un danno personale. "Semplici sospetti o congetture non sono sufficienti". E i ricorrenti, nel caso specifico, "non hanno soddisfatto questa condizione".