34,4 miliardi di rosso per lo Stato e i contribuenti
ROMA. Come confermato dal Governo in risposta ad una interrogazione parlamentare dei deputati del M5S, primo firmatario Daniele Pesco, a giugno 2014 i derivati sul debito pubblico della Repubblica italiana, sottoscritti in buona parte dall’allora direttore del Tesoro Mario Draghi per proteggere l’Italia da un aumento dei tassi di interessi, erano negativi per 34,4 miliardi di euro, una somma significativa che equivale al 46,8 per cento dell’intero ammontare (161 miliardi) della scommessa.
I derivati sul debito pubblico determinano una “passività” per 34,4 miliardi di euro, che continueranno ad aumentare in maniera proporzionale alla diminuzione dei tassi di interessi, visto che nel 2013, le perdite su 161 miliardi di debito pubblico su 1.600 in circolazione, ammontavano a 29,2 miliardi di euro: la scommessa sui derivati effettuata da Mario Draghi sulla pelle e con le fiche dei contribuenti, è stata persa, ma nessuno è chiamato a pagare per un azzardo morale, che ha costituito un affare, solo per le banche di affari.
Con i tassi diminuiti dalla Bce dello stesso Mario Draghi che ha ridotto il costo del denaro, la “scommessa” del Tesoro determina una perdita potenzialmente negativa per la Repubblica italiana, in quanto influenzato dal livello assoluto straordinariamente basso dei tassi di interesse rispetto alle condizioni del mercato all’ epoca della stipula”, i cui contratti derivati, almeno per il 69 per cento di quelli in essere, prevedono che se i tassi superano una certa soglia, la differenza ce la mette la banca al posto del Tesoro, ma se invece scendono, è il ministero, quindi i contribuenti a dover pagare.
Qualora il ministero dell’Economia, che subendo il ricatto delle banche internazionali, ha fatto approvare dal parlamento il comma 133 dell’ articolo 2 della legge di Stabilità, che autorizza il Tesoro a fare accordi bilaterali con una garanzia sui derivati, che attribuisce alle banche di affari che avevano appioppato tali contratti tossici, l’inedito beneficio di diventare creditori privilegiati dello Stato italiano, con la possibilità di rivalersi sui depositi di garanzia nel caso di un default sovrano, a differenza di tutti gli altri creditori, compresi piccoli risparmiatori e banche italiane che possiedono Btp, che si devono mettere in fila, decidesse di chiudere adesso tutti i contratti in essere, dovrebbe pagare con un market to market negativo 34,4 miliardi di euro alle banche di affari.
Un danno alle casse pubbliche, come accadde con il derivato rimborsato a Morgan Stanley, che nel quarto trimestre 2011 incassò 3,4 miliardi di dollari ed un esborso per l’erario di 2,5 miliardi di euro, censurato dalla stampa e dai mass media di regime, che continuano ad occultare notizie ostili al governo, come l’illegale riconferma dell’Ad Gorno Tempini alla Cassa Depositi e Prestiti, nonostante la vigente clausola di onorabilità introdotta nel 2013 dal ministro Saccomanni, che prevede addirittura la rimozione di amministratori pubblici indagati o rinviati a giudizio.
Adusbef, che continuerà a denunciare il malaffare, coperto dalla stampa economica le cui responsabilità di collateralismo e di censura emergono sempre di più negli scandali scoperchiati dai magistrati, ritiene gravissimo il comportamento del Tesoro (che detiene il 70% delle quote azionarie della Cassa Depositi e Presiti, contro il 30% delle Fondazioni bancarie), che nella convocazione dell’Assemblea cui ha partecipato il 99,2% degli azionisti di Cdp, ha deliberato all’unanimità la conferma di Gorno Tempini, indagato dalla Procura della Repubblica di Trani per la vendita di derivati, compiuta dalle società di Intesa Sanpaolo negli scorsi anni, che ha portato alla citazione in giudizio dei vertici ed ex vertici del gruppo bancario, con Gorno Tempini che all’epoca dei fatti contestati, ricopriva la carica di AD di Banca Caboto.
Elio Lannutti (Adusbef)