ROMA. E' un'indagine a tutto campo, articolata in 21 filoni che hanno al centro swap acquistati da 53 enti territoriali, coordinata dal comando generale della Guardia di finanza, cui procure della Repubblica e magistrati contabili si affidano per le inchieste sui contratti. A completare il quadro ci sono poi 13 filoni aperti sui contratti firmati da società e persone fisiche.
L'ampliarsi del lavoro delle Fiamme gialle è destinato a moltiplicare anche il valore degli swap finiti al centro delle indagini. Il censimento parla di contratti per 9,54 miliardi di euro, cioè un quarto del debito locale coperto dai derivati, ma per molti dei «big» (a partire dai casi romani) il nozionale sotto inchiesta è ancora in corso di accertamento, per cui il conto finale promette di essere più alto.
Il terremoto degli swap coinvolge tutti i livelli di governo, ma l'epicentro sono le regioni. Con il Lazio, le regioni i cui derivati sono sotto inchiesta sono diventate 8 (ci sono anche Piemonte, Calabria, Sicilia, Liguria, Lombardia, Toscana e Puglia), accompagnate dalle province di Torino, Perugia e Brindisi, da 9 comuni capoluogo (Napoli, Torino e Firenze sono i maggiori con Roma) e da 33 comuni non capoluogo.
Le caratteristiche delle vicende sotto esame sono ricorrenti. Le banche (spesso grandi nomi del credito internazionale) proponevano la ristrutturazione di vecchi debiti e la stipula di swap di copertura, e nel pacchetto si inserivano derivati strutturati non par e collar. Gli amministratori locali acquistavano questi prodotti per tutelarsi dalle oscillazioni dei tassi ma, come spiega il comando generale delle Fiamme gialle, finivano per acquistare «prodotti di natura speculativa, caratterizzati da un'elevata opacità e da una maggiore difficoltà di valutazione, esponendosi così al rischio di perdite ingenti».
L'ampliarsi del lavoro delle Fiamme gialle è destinato a moltiplicare anche il valore degli swap finiti al centro delle indagini. Il censimento parla di contratti per 9,54 miliardi di euro, cioè un quarto del debito locale coperto dai derivati, ma per molti dei «big» (a partire dai casi romani) il nozionale sotto inchiesta è ancora in corso di accertamento, per cui il conto finale promette di essere più alto.
Il terremoto degli swap coinvolge tutti i livelli di governo, ma l'epicentro sono le regioni. Con il Lazio, le regioni i cui derivati sono sotto inchiesta sono diventate 8 (ci sono anche Piemonte, Calabria, Sicilia, Liguria, Lombardia, Toscana e Puglia), accompagnate dalle province di Torino, Perugia e Brindisi, da 9 comuni capoluogo (Napoli, Torino e Firenze sono i maggiori con Roma) e da 33 comuni non capoluogo.
Le caratteristiche delle vicende sotto esame sono ricorrenti. Le banche (spesso grandi nomi del credito internazionale) proponevano la ristrutturazione di vecchi debiti e la stipula di swap di copertura, e nel pacchetto si inserivano derivati strutturati non par e collar. Gli amministratori locali acquistavano questi prodotti per tutelarsi dalle oscillazioni dei tassi ma, come spiega il comando generale delle Fiamme gialle, finivano per acquistare «prodotti di natura speculativa, caratterizzati da un'elevata opacità e da una maggiore difficoltà di valutazione, esponendosi così al rischio di perdite ingenti».