Paolo Borrometi ancora nel mirino delle cosche
FIRENZE. Questo non può essere un Paese dove un giornalista per fare il proprio lavoro deve rischiare ogni giorno, ma soprattutto non può essere un Paese dove un giornalista, come Paolo Borrometi, venga fatto oggetto continuamente di minacce ed insulti senza che la cosiddetta “coscienza civile” si risvegli e le Istituzioni si stringano attorno.
Paolo Borrometi da tempo si occupa di inchieste giornalistiche contro la mafia ed il malaffare in Italia, Sicilia e segnatamente nella Provincia di Ragusa. Paolo Borrometi lavora all’Agi ed è direttore della testata on-line laspia.it. In una Provincia dove si continua ostinatamente a dire che la mafia non esiste. Proprio relativamente ad un suo articolo sulla presenza mafiosa nel Mercato ortofrutticolo del sud Italia più importante, quello di Vittoria, Borrometi ha subito per l’ennesima volta minacce ed ingiurie. Questa volta, però, a rivolgere minacce ed ingiurie nei confronti del giornalista sono stati direttamente soggetti molto vicini alla criminalità organizzata, asserenti dichiaranti nomi riconducibili al capo mafia di Vittoria. Tali minacce seguono ad altre riguardanti diverse realtà criminali siciliane e calabresi provenienti da altri soggetti già coinvolti in indagini e processi per associazione mafiosa. E non bisogna dimenticare il pestaggio di un anno fa e il successivo attentato incendiario.
A Paolo Borrometi va il merito di condurre inchieste giornalistiche scottanti, come ad esempio, quella sull’omicidio di Michele Brandimarte. O, ancora, l’inchiesta con la quale ha scoperchiato la pentola della mafia nella città di Montalbano, Scicli.
Per questo motivo vanno rafforzati gli strumenti a protezione del giornalista Paolo Borrometi suggerendo sommessamente di aderguarne il livello. La Fondazione Caponnetto non permetterà a nessuno di toccare Borrometi, non lo lascerà solo e chiederà conto di eventuali inadeguatezze a tutela della sua persona.
Salvatore Calleri – presidente Fondazione Caponnetto