ROMA. Associazioni dei consumatori sempre all'attacco e petrolieri pronti più che mai a ribattere alle accuse. Speculazioni sugli andamenti dei prezzi finali rispetto al costo del greggio? Assolutamente no, assicura l'Unione petrolifera. Che passa in rassegna gli andamenti delle ultime settimane per sostenere «come sia del tutto priva di fondamento la tesi circa l'esistenza di una presunta lentezza nel recepimento dei ribassi e di una rapidità negli aumenti».
Dai picchi raggiunti nel luglio scorso «le quotazioni sia del greggio che dei prodotti petroliferi hanno mostrato un accentuato andamento riflessivo che ha permesso un ritorno sui valori del 2003» nota l'associazione dei petrolieri italiani nella sua ultima analisi congiunturale. Una tendenza – prosegue – che mostrato però un'inversione nelle ultime due settimane «dovuta in parte alla decisione dell'Opec di tagliare la produzione per un totale di 3,7 milioni barili al giorno a far data dal mese di novembre, ma anche e soprattutto per le rinnovate tensioni in Medio Oriente e per la guerra del gas tra Russia e Ucraina».
Sottolinea l'Up che il Brent (il greggio di riferimento) «dai 144 dollari al barile del 16 luglio è infatti sceso sino ai 39,97 dollari al barile del 19 dicembre, pari a una riduzione di 39 centesimi di euro al litro» mentre «dal 19 dicembre in avanti, si è invece assistito a una ripresa delle sue quotazioni che sono risalite sino a 48,64 dollari al barile, pari a un aumento di circa 7 centesimi di euro al litro (per poi ridiscendere di nuovo).