ROMA. Brexit è una parola che negli ultimi mesi è divenuta sempre più conosciuta, non solo in Gran Bretagna, ma anche nel resto del mondo e rappresenta l’acronimo di “Britain exit”, che sottintende l’uscita del paese dalla UE, a seguito del referendum che si terrà il prossimo 23 giugno. Gli argomenti messi sul piatto dai due opposti fronti riguardano principalmente la paura dell’immigrazione, che anche in gran Bretagna, come nel resto dell’Europa sta continuando ad aumentare, e l’economia. I sostenitori del “Brexit” paventano la possibilità che gli immigrati possano togliere ai britannici la sicurezza, il welfare ed i posti di lavoro; i loro oppositori, di “Remain”, parlano invece di pesanti ricadute negative sull’economia in caso di uscita dalla Unione Europea.
A questo momento le previsioni sono per un sostanziale equilibrio tra i sostenitori delle due fazioni contrapposte, ma nelle ultime settimane sembra che i sostenitori della “Brexit”, siano leggermente in aumento. A circa una settimana dal voto sono molti anche gli indecisi, ed anche nel partito del premier, i conservatori, ci sono due fazioni, pro e contro la “Brexit”. Nelle loro esposizioni, entrambe le parti stanno descrivendo con grande enfasi i pericoli che si potrebbero creare, qualora vincessero gli avversari, pericoli in molti casi non reali e che sono stati criticati da molti osservatori neutrali, mentre il premier David Cameron si è espresso per la permanenza nella UE della Gran Bretagna.
Naturalmente, in previsione del risultato, i grandi fondi d’investimento stanno iniziando a muoversi, in modo da essere pronti nell’eventualità di un successo del “si”, e lo stanno facendo puntando su beni considerati “sicuri”, come la moneta giapponese, lo yen, sui titoli di stato dei cosiddetti paesi “forti” e sulle materie prime. Oltre a questo, sono in atto molte operazioni sul forex, il cross sul mercato valutario, dato che la sterlina si sta indebolendo nei confronti delle altre valute, portando così gli esperti ad investire “pesantemente” su operazioni di questo tipo.
In effetti i risultati che si stanno susseguendo in questi ultimi giorni nelle “Borse” europee, stanno mostrando continue perdite nei listini, ed anche in Asia si stanno susseguendo i ribassi. Alla fine della scorsa settimana, venerdì, nel loro complesso le “Borse” del Vecchio Continente avevano perso circa 174 miliardi di Euro, ed all’apertura di questa settimana, lunedì, altri 130 miliardi di euro sono andati in fumo, facendo quindi crescere le preoccupazioni. I cali europei hanno provocato dei ribassi anche a Wall Street.
Naturalmente, oltre alle conseguenze immediate, che si stanno vedendo in queste ultime settimane, l’eventuale uscita dalla UE della Gran Bretagna comporterebbe, sia per l’Europa che per la stessa Gran Bretagna delle conseguenze a lungo termine, che sono state analizzate e sulle quali ci sono varie opinioni. In una sua stima, la “Confindustria” britannica, parla della perdita di posti di lavoro, circa un milione, che si avrebbe con la “Brexit”. Due banchieri importanti come Ignazio Visco, della Banca d’Italia e Francois Villeroy de Galhau della Banque de France hanno parlato di seri contraccolpi per l’economia, e della possibilità che si crei un “effetto domino” anche in altri paesi dell’Unione Europea.
La sterlina, che è in calo rispetto all’euro, dopo che aveva avuto il suo picco positivo, con un cambio a 0,6971 nel mese di luglio 2015, potrebbe indebolirsi ancora, anche fino ad un ulteriore 15%, ed alcuni analisti arrivano ad ipotizzare un cambio alla pari con la moneta dell’UE. Di implicazioni economiche “negative” per la Gran Bretagna, in caso di “Brexit”, ha parlato anche Donald Tusk, attuale presidente del Consiglio Europeo, che ha ammonito riguardo anche alla situazione “geopolitica”, in una intervista rilasciata alla “Bild”.