Adusbef e Fedeconsumatori: "Continua il sostegno alle banche"
ROMA. La decisione della Bce di Mario Draghi, di abbassare di 10 punti base tutti i tassi, da quello di rifinanziamento principale a quello sui depositi, portando il costo del denaro, il parametro principale, al nuovo minimo storico dello 0,05%, mentre quello sui depositi passa dal -0,1 al -0,2%, è una pessima notizia che continuerà ad avvantaggiare le banche, penalizzando –paradossalmente e specie in Italia dominata da un cartello bancario con tassi di interessi e costi dei servizi bancari tra i più cari d’Europa – i consumatori che continueranno a non fidarsi, eviteranno di spendere e mettere in circolo il denaro.
La deflazione è una miscela esplosiva di una discesa dei prezzi (tipicamente rilevato dall’indice dei prezzi al consumo), causata da un calo della domanda di beni e servizi, che innesca una spirale negativa in cui consumatori e aziende frenano le spese in attesa di un’ulteriore diminuzione dei prezzi. Chi produce si vede costretto a cercare di collocare merci e servizi a prezzi ancora più bassi, ma la riduzione dei prezzi si ripercuote sui ricavi, anch’essi generalmente in calo. Ne deriva la necessità, da parte delle imprese di ridurre i costi, attraverso una diminuzione dell’acquisto di beni e servizi da altre imprese e risparmiando sulla forza lavoro. Molte imprese falliscono con la conseguenza che la disoccupazione aumenta e la domanda scende sempre di più. Mentre i prezzi cadono, il valore di ogni unità di moneta aumenta, rendendo più caro il debito esistente, sia per i governi che per i consumatori.
E mentre il debito diventa più oneroso, aumenta anche il rischio di default e di bancarotta, rendendo le banche più caute nei prestiti, riducendo la domanda e alimentando la spirale deflazionistica per mancanza di liquidità, denaro circolante che teoricamente dovrebbe essere contrastata con la riduzione dei tassi di interesse, ma come insegna il Giappone, la una nuova contrazione dei prezzi (-0,3% annuo) non è riuscita a superare 15 anni di deflazione, nonostante i tagli delle tasse per favorire la spesa e i tassi di interesse fissati allo 0% dalla Banca Centrale nipponica, per favorire la liquidità circolante.
Il Quantitative Easing (alleggerimento quantitativo) si colloca tra le misure più estreme per immettere liquidità nei mercati, con la banca centrale che acquista, per una predeterminata e annunciata quantità di denaro, attività finanziarie dalle banche del sistema (azioni o titoli, anche tossici), con effetti positivi sulla struttura di bilancio di queste ultime, misure espansive della BCE che non serviranno a rimettere realmente in moto l’economia dell’area euro.
L’abbondante liquidità a basso costo, che offre ai mercati la possibilità di ad immensi capitali da investire in titoli, la cui impennata dei corsi rischia di beneficiare pochi grandi attori della finanza, mentre l’economia reale continua a farne le spese, favorirà ancora una volta gli esclusivi interessi delle banche, che invece di assecondare le richieste di credito, preferiranno allocare enormi quantita di denaro a basso costo, per mere attività speculative, danneggiando l’economia reale.
Draghi, spiegando in conferenza stampa che la Bce ha deciso di avviare – anche in questo caso senza unanimità – un programma di acquisto di Asset backed securities (Abs) “semplici e trasparenti”; strumenti con i quali si ‘impacchettano’ in un titolo finanziario i crediti detenuti in loro portafoglio (cartolarizzazioni) verso il settore non-finanziario, e obbligazioni garantite, con acquisti Bce che riguarderanno “sia vecchie che nuove emissioni”, inclusi i titoli che hanno come sottostante il real estate (Rmbs), non ha alcuna garanzia che liberando i bilanci delle banche da affidamenti di grande criticità, siano reinvestiti nel mattone “real estate”.
L’unico modo di far ripartire l’economia- ma Draghi condizionato da Goldman Sachs e dai banchieri centrali non lo farà mai- è quello di bypassare la mano morta delle banche con operazioni di finanziamento a tassi inferiori allo 0,50% direttamente erogati alle imprese (in Italia mediante la Cassa Depositi e Prestiti)- i cui costi onerosi gravano sui prenditori, per restituire liquidità al mercato ed evitare le consuete speculazioni alle quali il sistema bancario italiano si è alimentato nell’ultimo decennio.