"Gestione poco trasparente della Rai, azienda pubblica"
La Rai di Gubitosi e Tarantola, trincerandosi dietro segreti di Pulcinella legati alla presunta concorrenza con Mediaset, non dichiara infatti i compensi elargiti ad alcuni conduttori assoldati di recente e che devono ancora dimostrare il gradimento del pubblico, in aperta violazione della legge 125/2013 che obbliga l’azienda a rendere pubblici i costi dei singoli rapporti di lavoro autonomo ed indipendente.
La nuova edizione di Ballarò, affidata a Massimo Giannini vicedirettore di Repubblica (sulla cui professionalità Adusbef non discute), che prenderà il testimone da Giovanni Floris, è già stata oggetto di polemiche, a partire dai rappresentanti dell’Usigrai (Unione sindacale giornalisti Rai) i quali, in un comunicato, si lamentavano della scelta di una personalità esterna alla Rai, una decisione in controtendenza rispetto al piano di spending review che non risparmia neanche il servizio pubblico radiotelevisivo.
Nel bilancio 2013 (che non è stato ancora pubblicato sul sito Rai, fermo al 2012), il 60 % dei ricavi, pari a 1,755 miliardi di euro, provengono dal canone, mentre la pubblicità (in diminuzione) si attesta a 682 milioni di euro. Dall’ultimo bilancio pubblicato: “Il personale in organico al 31 dicembre 2012 risulta composto da 10.476 unità, con un incremento di 280 unità rispetto al 31 dicembre 2011”. Nel personale sono presenti 579 dirigenti e assimilati, uno ogni 18 dipendenti e 1.373 giornalisti. Con queste risorse la RAI dovrebbe produrre di tutto e di più al suo interno, invece molti suoi professionisti sono sotto utilizzati o ridotti a passacarte, mentre direttori di rete o di testata preferiscono assumere professionisti esterni, per la conduzione di trasmissioni che potrebbero essere espletate da giornalisti interni, umiliati ed inutilizzati.
I cittadini, costretti a pagare 1.755 milioni di euro di canone annuo ai ‘mandarini’ di Viale Mazzini sono gli autentici azionisti di maggioranza della Rai, ricevendo in cambio una informazione che spesso lede i loro diritti, orientata a propagandare principalmente il ‘teatrino politico’ dei governi di turno e dei partiti di maggioranza, con spazi residuali all’opposizione, costretti a subire servizi giornalistici spesso trasformati in consigli per gli acquisti mascherati per reclamizzare beni e servizi delle imprese egemoni che delocalizzano o licenziano (come la Fiat) o di banche (che hanno frodato con prodotti tossici migliaia di risparmiatori), assicurazione, finanza, non sopportano più tale dispendiosa gestione clientelare del principale servizio pubblico.
I consumatori ed utenti, stupefatti dal mancato utilizzo delle professionalità interne, risorse eccellenti di giornalisti spesso mobbizzati che devono ricorrere al contenzioso giudiziario per veder ripristinate le proprie funzioni e la propria dignità professionale, mortificate dal cacicco di turno nominato dai partiti politici e dal governo, per normalizzare ed indirizzare i servizi Tv ad uso e consumo del potere dominante, non condividono la mancanza di trasparenza anche nell’assegnazione di format esterni affidati o appaltati alle solite società ed ai soliti noti, che si arricchiscono a danno della Rai, che invece di utilizzare le abbondanti e qualificate risorse interne, spende 1,612 milioni di euro per ‘consumi di beni e servizi esterni’.
Adusbef nell’esposto, ha quindi chiesto al ministro dell’Economia, azionista unico, di voler attivare una doverosa azione di responsabilità verso il deludente Cda e direttore generale Rai, per la gestione non molto oculata di un’azienda pubblica, che iscrive nel proprio bilancio la maggioranza dei ricavi, pari a 1.755 milioni di euro, provenienti dal più odioso dei balzelli, il canone, in cambio di una ‘propaganda’ spesso servile, vessatoria e lesiva dei diritti dei consumatori ad avere un’informazione libera, plurale, obiettiva ed oggettiva, per offrire agli utenti e soprattutto ai giovani, la possibilità di formarsi una coscienza.