Per Lannutti la Commissione d'inchiesta deve ricercare la verità
ROMA. L’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che ha avuto il Monte dei Paschi di Siena come banca di riferimento, ha il timore che l’audizione dell’ex governatore di Bankitalia Mario Draghi, nella commissione di inchiesta sulle banche, possa essere un caccia alle streghe ed arrecare un danno alle istituzioni.
Se il presidente della Bce, che firmò la lettera (come dall’allegato) con all’oggetto: “Banca Monte dei Paschi di Siena – Acquisizione della partecipazione di controllo nella Banca Popolare Antoniana Veneta”, origine di tutti i guai dell’ istituto senese che dopo aver bruciato 61 mld di euro nell’ultimo decennio, è stato salvato coi soldi pubblici, non avesse nulla da nascondere, chiederebbe di essere ascoltato per chiarire perché il 17 marzo 2008, firmò il nulla osta per acquistare Antonveneta ad un prezzo folle.
Quella lettera di Draghi, si unisce ad un documento della vigilanza della banca centrale successivo a una ispezione ad Antonveneta di poco precedente (il 9 marzo 2007-allegato), in cui venivano espressi dubbi sulla solidità patrimoniale della banca che avrebbe da lì a poco comprato Mps e si segnalava fra i motivi, un prestito di 7,9 miliardi di euro in essere con gli olandesi di Abn Amro, che ha portato il costo complessivo dell’ acquisto di Antonveneta per Mps a 17 miliardi di euro (come si può vedere dall’allegato con gli 8 bonifici).
Mario Draghi, pur conoscendo quei 7,9 miliardi di debito con gli olandesi- «l’ acquisizione del complesso aziendale riferito ad Antonveneta comporterà un costo di 9 miliardi di euro, l’ esborso effettivo sarà maggiorato del controvalore della vendita di Interbanca, che comporterà un aumento della liquidità di Antonveneta di pari importo», sorvolando sulla gestione ‘prudenziale’ elenca le modalità per reperire quei 9 miliardi necessari all’ operazione: «Un aumento di capitale per 6 miliardi (di cui 1 miliardo con esclusione del diritto di opzione), l’ emissione di strumenti ibridi e subordinati per complessivi 2 miliardi e il ricorso a un finanziamento ponte per 1,95 miliardi da rimborsare anche mediante cessione di assets non strategici».
Draghi descrive quel tipo di reperimento dei fondi, ne sposa la ratio, subordinando espressamente l’ acquisto di Antonveneta «alla preventiva realizzazione delle misure di rafforzamento patrimoniale programmate, con specifico riguardo agli interventi di aumento di capitale e di emissione di strumenti ibridi e subordinati, in osservanza delle vigenti disposizioni normative in materia di patrimonio di vigilanza», quando proprio nel 2008 era esplosa la crisi finanziaria in tutto il mondo legata proprio all’ emissione di quegli «strumenti ibridi e subordinati» che vengono raccomandati da chi aveva istituzionalmente la tutela della «sana e prudente gestione» delle banche italiane.
Mario Draghi, che sorvolò perfino su un aspetto preliminare e fondamentale in tutte le acquisizioni bancarie, richieste da una sana e prudente gestione del credito e del risparmio, come la scrupolosa verifica dei conti di Banca Antonveneta, in inglese due diligence (in italiano: dovuta diligenza), ad indicare l’attività di investigazione e approfondimento di dati e informazioni relative all’oggetto di una trattativa, per valutare la convenienza di un affare, identificarne rischi e problemi connessi, sia per negoziare termini e condizioni del contratto, per predisporre adeguati strumenti di garanzia, di indennizzo o di risarcimento, non era uno sprovveduto.
Oltre che Governatore di Bankitalia, era presidente del Financial Stability Forum, un organismo internazionale nato nel 1999 su iniziativa dei Ministri finanziari e dei Governatori delle Banche centrali del G7, per promuovere la stabilità finanziaria internazionale e ridurre i rischi del sistema finanziario.
Autorizzò forse quella rischiosissima operazione con Antonveneta per non pregiudicare gli appoggi politici del PD e di ambienti di Forza Italia (allora al governo) tutti legati a Mps nel groviglio armonioso del “Sistema Siena”, visto che avrebbero potuto ostacolare le proprie ambizioni alla presidenza della Bce?
Rispondere a queste domande, non ad un tribunale del popolo, ma al parlamento sovrano in un sistema democratico, per chiarire i misteri del Monte dei Paschi di Siena, la cui bancarotta, oltre ad aver messo sul lastrico molti risparmiatori ed a rischio migliaia di posti di lavoro, ha suicidato David Rossi, disseminando una lunga scia di sangue con 9 morti tutti legati tra loro ed intrecciati con il Mps, non è atto sovversivo o lesa maestà, ma un preciso dovere per contribuire alla ricerca della verità, soprattutto per un massimo rappresentante delle istituzioni Bce, che si erge a nume tutelare di uno status quo europeo, non sempre rispettoso della sovranità popolare e dei diritti costituzionali dei paesi dell’Unione.
Elio Lannutti (Adusbef)