ROMA. Difficile non essere d’accordo- stavolta- con il premier Matteo Renzi, che si è scagliato contro i troppi banchieri, con rubinetti del credito ancora col contagocce. E se non c’è stato timore nel ridurre i parlamentari, “non dobbiamo avere paura di intervenire sul numero dei banchieri“. La ‘bacchettata’ di Matteo Renzi arriva mentre il governo è alle battute finali nella messa a punto dell’Investment compact, provvedimento imminente per attrarre gli investimenti (in particolare stranieri), rilanciare le Pmi, offrire un diverso approccio al ruolo del credito e nuove misure per favorire il risparmio.
Adusbef e Federconsumatori salutano con favore la portabilità del conto corrente, la riduzione delle commissioni sul risparmio gestito, la riforma delle banche popolari e cooperative (Bcc), a patto di disegnare un modello di gestione trasparente e di banche vicino a territorio, cittadini e Pmi,che non rischino i risparmi nella finanza tossica e non lascino all’arbitrio di consulenti pagati dalle stesse Popolari (ad es. Pop.Vicenza, Veneto Banca,ecc.), il valore delle azioni e la loro liquidabilità, e non costituisca merce di scambio come la paventata garanzia statale sulle cartolarizzazioni delle sofferenze (almeno 50 miliardi di euro), per poter cedere titoli deteriorati alla Bce nell’ambito del piano di acquisti degli Abs mezzanine.
Episodi di mala gestio e l’aggravarsi della crisi economica hanno colpito fortemente il comparto delle banche popolari, specie di medie dimensioni, che proprio per la loro natura (ma ci sono eccezioni) riescono meno ad attrarre capitali e investitori per rinforzare il patrimonio.
Una riforma legislativa delle Banche Popolari (ma anche delle Fondazioni) potrebbe servire a limitare i poteri dei vertici, prevenire episodi di mala gestio, rafforzare l’azionariato, renderle più contendibili per l’attrazione di capitali nell’azionariato, la revisione del Fondo Interbancario di garanzia, ma questo disegno dovrebbe essere completato con la Glass Steegal Act, la netta separazione tra banche commerciali che investono nell’economia reale meritevoli di protezione dagli Stati, da quelle di carattere finanziario speculativo, ricordando che la strada di fusioni ed aggregazioni non è stato un buon viatico per l’economia.
Fino al 1999, la gestione bancaria da territoriale (con il direttore di Agenzia che aveva facoltà di concedere prestiti, finanziamenti, scoperti di conto, ecc.), è stata centralizzata, ma dopo fusioni ed incorporazioni, le grandi hanno inglobato le piccole su pressioni della Banca d’Italia, la gestione del credito e del risparmio è stata globalizzata, non sono stati ridotti i numeri dei banchieri, i direttori sono stati espropriati dal potere di concedere prestiti e fidi, la restrizione del credito ha assunto dimensioni drammatiche.
Il trasferimento di un conto corrente bancario che deve avvenire «senza spese aggiuntive di qualsiasi origine e natura» a carico del cliente, così come previsto nella bozza del ddl collegato alla Legge Stabilità, già contemplato dal decreto Bersani, analogamente all’esclusione di costi di produzione per l’invio dell’ estratto conto, continuerà a restare lettera morta in assenza di doverose sanzioni per le banche inadempienti, la cui fertile fantasia continua a sfornare balzelli aggiuntivi, spese e commissioni per appesantire i salati costi di gestione che arrivano a 321 euro annui, contro una media europea di 114 euro.
Dall’ultimo monitoraggio Adusbef del dicembre 2014, il costo medio di gestione di un conto corrente con “profilo a bassa operatività” e rigorosa metodologia ISC (Indicatore Sintetico di Costo) si attestava a 321 euro, con le 10 primarie banche italiane che praticavano dai 238,35 euro della Bnl (la più economica), ai 337,18 di Unicredit; dai 273,20 di Intesa San Paolo, ai 438,70 della Banca Popolare di Vicenza (tra le più care), la cui media ponderata ISC di 321 euro su 57 banche indagate risultava più cara del +308% rispetto a 101 euro indicati da Bankitalia, + 300% rispetto ai 114 euro della media Ue di 27 paesi.
L’Italia maglia nera per i costi dei conti correnti, i tassi applicati sui mutui e sul credito al consumo, per le spese dei bonifici e trasferimenti di denaro, oltre che per l’imposizione di costose polizze assicurative di 15/20.000 euro per chi riesce ad ottenere un mutuo, dovrà adeguarsi ad una recente direttiva del commissario europeo Michel Barnier, su tariffe bancarie care ed oscure e sui tempi troppo lunghi per cambiare banca, che hanno convinto la Commissione Ue a lanciare una nuova normativa che taglia drasticamente i tempi, costringe gli istituti alla trasparenza sulle spese, sollecitando un minimo di concorrenza nel settore bancario.
Adusbef e Federconsumatori, pur apprezzando i buoni propositi del premier, aspettano i fatti concreti sulla portabilità dei conti correnti da una banca all’altra in un tempo stabilito di 30 giorni, ulteriore misura efficace, come quella attivata per la portabilità dei numeri di telefono da un gestore all’altro, per impedire accordi di cartello e clausole vessatorie nei contratti di durata, tese a negare i diritti di consumatori e correntisti.
Attualmente per destinare le operazioni bancarie, riconoscere un conto corrente e dare la certezza che ordini di pagamento (bonifico) e/o di prelevamento (assegno) impartiti dal correntista vadano a buon fine, esistono due codici fondamentali (ABI per individuare l’Istituto di Credito) e Cab (che individua lo sportello sul quale il conto è radicato),oltre al numero di conto corrente ed al Codice Iban composto da 27 caratteri.
La portabilità del conto, deve prevedere un sistema informatico in grado di conoscere per quel determinato numero di conto, codice Abi, Cab ed Iban in qualsiasi momento: se si cambia banca, occorre un meccanismo di informazione del sistema informatico centralizzato. Ciò presuppone che il sistema sia costantemente aggiornato sull’indirizzo bancario relativo a quel determinato numero di conto corrente, condizione indispensabile di un “cervellone”, aggiornato in tempo reale, in grado di accentrare tutti i conti su base nazionale e le loro variazioni di indirizzo bancario, sul modello della Centrale Rischi della Banca d’Italia. L’accentramento dei conti correnti nazionali presso Bankitalia (con 7.000 dipendenti), potrebbe essere la soluzione in grado di realizzare e gestire il sistema informatico centrale per consentire la portabilità dei conti. Ma dalle parole, ben conoscendo le pressioni delle lobby bancarie, aspettiamo i fatti.