L'opera avrebbe drenato inutilmente quasi 8 miliardi di risorse pubbliche
ROMA. Definitivamente archiviato dal governo Monti, il 10 ottobre, il ponte sullo stretto di Messina. Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente: “Finalmente archiviato il faraonico quanto inutile (e dannoso) progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Bene ha fatto il Governo a mettere la parola fine a questa farsa che non è servita ad altro che a sperperare i soldi pubblici. Per bloccare questo sperpero, vista anche la penale di 300 milioni di euro da pagare per aver cancellato il progetto, si sciolga immediatamente la società Stretto di Messina, che pesa ancora sulle nostre tasche perché in attesa di scioglimento sin dal governo Prodi, e che altrimenti rischiamo di dover finanziare anche in futuro”. In effetti la società, guidata dal presidente Anas Pietro Ciucci per volontà dell’ex presidente del Consiglio Berlusconi, è stata in tutti questi anni il prototipo perfetto dell’azienda-veicolo della politica per dirottare quattrini dei contribuenti verso clientele e potentati: anche la penale di 300 milioni sarà un guadagno netto per Eurolink, la società creata dall’ATI guidata da Impregilo, il Contraente Generale che aveva firmato l’accordo con il ministro Altero Matteoli.
Nella decisione del governo devono aver inciso anche le scosse del terremoto notturno del 28 e 29 settembre vicino a Scilla, dopo il quale un appello era stato lanciato anche dal Wwf: “Forse è giunto il momento che il Governo dei tecnici colga l’occasione per porre fine alla scandalosa “avventura” del ponte sullo Stretto di Messina, utilizzando gli 8,5 miliardi di euro previsti per la sua costruzione per l’adeguamento antisismico delle aree metropolitane di Reggio Calabria e Messina e la messa in sicurezza del gravissimo dissesto idrogeologico, aggravato da un’estate di fuoco devastante”. Scongiurato così anche lo spettro dell’emigrazione per le famiglie dei dipendenti marittimi del sistema dei traghetti che collegano Reggio Calabria a Messina, visto che i soldi dell’appalto pubblico sarebbero rimasti in tasca ai contractors come gli eventuali pedaggi ipotizzati per passare dal Continente alla Sicilia e viceversa. Al di là dei problemi forse irrisolvibili di natura tecnica per la realizzazione dell’opera – una campata unica stradale e ferroviaria lunga come nessun’altra la mondo in una situazione sismica unica con 6 terremoti catastrofici in appena due secoli – i costi di realizzazione e manutenzione dell’opera sarebbero stati impossibili da sostenere che in appena pochi anni il manufatto sarebbe stato abbandonato al suo destino, viste le ingenti risorse che avrebbe drenato al bilancio dello Stato.