ROMA. Di lui Giorgio Bocca diceva: "E' una delle poche persone che abbia conservato il gusto del rischio". E fino all'ultimo ha avuto un pensiero e un'idea per Repubblica e Liberation.
Il mondo dell'editoria piange Carlo Caracciolo, fondatore dell'Espresso e poi di Repubblica, editore puro e appassionato, che si è spento in serata a Roma.
Caracciolo era nato il 23 ottobre del '25 ed era presidente onorario del Gruppo Espresso, dove ha lavorato per cinquant'anni della sua vita. E' stato giovane partigiano in Val d'Ossola, si è laureato in legge a Roma, si è specializzato ad Harvard. Si è definito un "editore fortunato". Fin da quando fondò nel '51 la Etas Kompass. Poi animatore e promotore nel '55 di un settimanale che fece la storia del giornalismo come l'Espresso, soprattutto da quando Adriano Olivetti gli girò il pacchetto di maggioranza.
Caracciolo non ha mai smesso di rischiare e di divertirsi. Ma anche a considerare questo mestiere un dovere civile, magari scommettendo su pubblicazioni di nicchia, apparentemente senza mercato, ma di sicuro successo. Come ad esempio Le Scienze. A metà degli anni '70 decise, insieme ad Eugenio Scalfari, di puntare su un quotidiano. L'Espresso era appena uscito da una navigazione incerta: dopo aver chiuso per molti anni in pareggio, stava incominciando a guadagnare. Caracciolo poteva puntare a rendite più sicure – la pubblicità, i periodici, i settimanali di target facile, commerciale – lui invece decise di fare un quotidiano: scritto come un settimanale. Un secondo giornale che diventò molto presto il primo per centinaia di migliaia di cittadini.