La migliore delle itaaliane è Bologna. Siena al 501° posto
ROMA. Ventisei Università italiane sono inserite nel QS World University Rankings 2013/2014, la classifica dei migliori atenei del mondo. Nata nel 2004, la classifica prende in considerazione 2mila Università e ne classifica circa 800, ordinate individualmente per la prima 400 posizioni. Le restanti sono classificate per gruppi. Il Mit si conferma al primo posto, seguito dai prestigioni istituti di Harvard e Cambridge, che si sono scambiate le posizioni dello scorso anno.
Prima delle italiane al 188° posto Bologna che, rispetto al 2012, guadagna sei posizioni. Seguono la Sapienza di Roma che avanza di venti caselle (dal 216° al 196° posto) e il Politecnico di Milano che risale al 230mo posto. Quattro novità: Milano Bicocca, Roma Tre, l’università di Brescia e quella di Verona. I miglioramenti più significativi sono riscontrabili in due criteri dei sei che compongono la ricerca (reputazione accademica, reputazione presso i datori di lavoro, proporzione tra corpo docenti e studenti, citazioni per docente/ricercatore, studenti internazionali e docenti internazionali): quelli che misurano attraverso un sondaggio globale, l’opinione degli accademici (62.094 partecipanti) e dei datori di lavoro/recruiters internazionali (27.957 partecipanti). Cresce soprattutto l’impatto della ricerca dei top atenei italiani in classifica: l’Università di Bologna, La Sapienza, il Politecnico di Milano e l’Università di Pisa. Siena passa dal 550° posto del 2012 al 501° di quest’anno
Quattordici università italiane hanno mantenuto o migliorato il punteggio della ricerca, un risultato positivo – fa notare Qs – per un paese che investe solo circa l’1 per cento del PIL nella ricerca. «Nonostante la crisi economica, l’Italia – commenta Ben Sowter, a capo dell’unità di ricerca di Qs – è un paese dove esistono eccellenze straordinarie nell’ambito dell’insegnamento e della ricerca universitaria. Per essere fortemente competitiva l’Italia deve dotarsi di un sistema paese che sostenga la genialità e il talento, incrementi e razionalizzi gli investimenti nella ricerca e concentri le risorse in pochi e selezionati poli di eccellenza, come avviene Inghilterra, Francia, Germania e in Cina. Il capitale umano – aggiunge – è la vera ricchezza del Paese, che sta perdendo una generazione di ricercatori per la scarsità delle risorse e la precarietà dei percorsi di carriera. L’Italia deve creare le condizioni per fermare la fuga di cervelli, far rientrare quelli che sono emigrati e per attrarne anche da altri paesi. I risultati incoraggianti della nostra classifica indicano che la formazione e la ricerca made in Italy può ambire a una maggiore visibilità internazionale, con ricadute positive sull’economia e la competitività del Paese».
Prima delle italiane al 188° posto Bologna che, rispetto al 2012, guadagna sei posizioni. Seguono la Sapienza di Roma che avanza di venti caselle (dal 216° al 196° posto) e il Politecnico di Milano che risale al 230mo posto. Quattro novità: Milano Bicocca, Roma Tre, l’università di Brescia e quella di Verona. I miglioramenti più significativi sono riscontrabili in due criteri dei sei che compongono la ricerca (reputazione accademica, reputazione presso i datori di lavoro, proporzione tra corpo docenti e studenti, citazioni per docente/ricercatore, studenti internazionali e docenti internazionali): quelli che misurano attraverso un sondaggio globale, l’opinione degli accademici (62.094 partecipanti) e dei datori di lavoro/recruiters internazionali (27.957 partecipanti). Cresce soprattutto l’impatto della ricerca dei top atenei italiani in classifica: l’Università di Bologna, La Sapienza, il Politecnico di Milano e l’Università di Pisa. Siena passa dal 550° posto del 2012 al 501° di quest’anno
Quattordici università italiane hanno mantenuto o migliorato il punteggio della ricerca, un risultato positivo – fa notare Qs – per un paese che investe solo circa l’1 per cento del PIL nella ricerca. «Nonostante la crisi economica, l’Italia – commenta Ben Sowter, a capo dell’unità di ricerca di Qs – è un paese dove esistono eccellenze straordinarie nell’ambito dell’insegnamento e della ricerca universitaria. Per essere fortemente competitiva l’Italia deve dotarsi di un sistema paese che sostenga la genialità e il talento, incrementi e razionalizzi gli investimenti nella ricerca e concentri le risorse in pochi e selezionati poli di eccellenza, come avviene Inghilterra, Francia, Germania e in Cina. Il capitale umano – aggiunge – è la vera ricchezza del Paese, che sta perdendo una generazione di ricercatori per la scarsità delle risorse e la precarietà dei percorsi di carriera. L’Italia deve creare le condizioni per fermare la fuga di cervelli, far rientrare quelli che sono emigrati e per attrarne anche da altri paesi. I risultati incoraggianti della nostra classifica indicano che la formazione e la ricerca made in Italy può ambire a una maggiore visibilità internazionale, con ricadute positive sull’economia e la competitività del Paese».