PALERMO. Carlo Alberto Dalla Chiesa viene ricordato nel giorno del 26esimo anniversario dell'agguato mafioso in cui persero la vita anche la consorte, Emanuela Setti Carraro, e l'agente della polizia di Stato Domenico Russo. Deposte alle 9:00 corone d'alloro nel luogo dell'eccidio, in via Isidoro Carini, alla presenza del presidente del Senato, Renato Schifani, del ministro all'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, in rappresentanza del presidente del Consiglio dei ministri, del sottosegretario all'Interno, Michelino Davico, in rappresentanza del Viminale, del capo della polizia, Antonio Manganelli, del capo del Dipartimento per le politiche del personale del ministero dell'Interno, Giuseppe Amoroso, in rappresentanza dei prefetti della Repubblica, e delle massime autorita' civili e militari. A seguire, una messa nella chiesa Santa Maria Maddalena, all'interno della Caserma 'Carlo Alberto Dalla Chiesa', sede del comando Regione. Quel venerdi' sera del 3 settembre 1982, vicino piazza Politeama, nel cuore di Palermo, sembrava avesse vinto l'anti-Stato, una sensazione opprimente, cui diedero voce le parole trovate la mattina dopo in via Isidoro Carini: "Qui e' morta la speranza dei palermitani onesti". Pochi giorni dopo, il 5 settembre, durante i funerali, il cardinale Salvatore Pappalardo ebbe parole durissime, citando un famoso passo di Tito Livio: "Dum Romae consulitur… Saguntum espugnatur. Mentre a Roma si pensa sul da fare, la citta' di Sagunto viene espugnata -tuono' dal pulpito- e questa volta non e' Sagunto, ma Palermo. Povera Palermo nostra". I mandanti mafiosi e alcuni esecutori dell'omicidio sono stati condannati all'ergastolo. Ma la ricerca dei mandanti 'eccellenti' non ha fatto alcun passo avanti e, ventisei anni dopo, l'unica verita' giudiziaria e' compendiata nelle sentenze di condanna per due sicari e per i vertici della cupola tra cui Toto' Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco e Pippo Calo'. Restano molte zone oscure che i giudici di Palermo sottolineano in modo chiaro: "Si puo' senz'altro convenire con chi sostiene che persistano ampie zone d'ombra, sia per le modalita' con le quali il generale e' stato mandato in Sicilia a fronteggiare il fenomeno mafioso, sia sulla coesistenza di specifici interessi, all'interno delle stesse istituzioni, per l'eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacita' del generale". (AGI) – Palermo, 3 settembre –