di Andrea Pagliantini
CASTELNUOVO BERARDENGA. Il fascino della terra in piazza, del seme in grembo a una fertile idea di speranza, il volo cardiaco e la posa arguta di una rondine in mezzo a un fascio di stelle che supervisionano ma non cadono, sfrescando con il miraggio realizzato, una sera in piazza nella Berardenga, ottenendo una tregua dal feroce fanatismo fondamentalista del caldo.
I calici di stelle sono una barriera emotiva, un fuoco di fiamma perpetua, una colorita idea d’amore, il suono di forbici che potano, una scossa di spighe nel vento, l’uva che bolle nei tini, persone che investono il proprio tempo nel quotidiano, nel distogliere lo sguardo dei figli dal telefono, coinvolgendoli nella dipendenza del profumo del pane con dentro la melodia di due fette di salame.
Il brindisi a un compleanno (650) di un comune poco papista dove l’idea semplice di terra s’identifica con la sostanza di un vino possente, stitico di compromessi, con un petalo di campagna che pare poesia dipinta che s’arrichisce di grano, salumi da podio olimpico, glicine a pergola, capperi sui muri, pedate a un pallone dei bambini che ancora giocano in piazza con i nonni che brontolano e scrutano.
Parole pompose, che si disfano come neve al sole negli sguardi, nel sudore, nella gioia di fare che si vede dietro ogni gesto fatto per il gusto di farlo, nei bocci di rose sopra una barca azzurra come le donne della Berardenga.
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