E' utile invece rimboccarsi le maniche e pensare all'anno prossimo
SIENA. Olio e Vino, con le iniziali maiuscole, perché chi non se ne è accorto prima, o chi avendo sempre avuto tanto (siamo un po’ tutti in queste condizioni) non ha mai pensato che prima o poi ci sarebbe toccato fare i conti con il rebound del cambiamento climatico, della disattenzione, della superficialità e dell’avidità con cui abbiamo trattato ciò che ha dato fama al paese.
Fama al paese e ancora di più a questa provincia, a questa Toscana del sud, che tanto deve al lavoro contadino di secoli e ora al lavoro agricolo – ancora svolto anche da contadini, che hanno quel particolare garbo che dà al paesaggio il fascino di cui tutto il mondo parla.
Ora che la pioggia, le grandinate, l’inverno scorso così mite e melenso, l’assenza di insolazione ci hanno consegnato, per il vino (a chi è andata bene) un’annata che non si sa ancora bene come sarà, certo non eccellente; ma che per quanto riguarda l’olio presenta risultati drammatici, bisognerebbe rimboccarsi le maniche, in tutti i sensi, per evitare che l’anno prossimo i danni climatici tornino ad assommarsi a quelli dell’orribile mosca olearia – o come diavolo si chiama – l’infernale insetto che ha minato la produzione in tutta Italia e che – se non si corre ai ripari – può ripetere le sue performance nel 2015.
Non so quanti lettori si rendono conto degli enormi danni causati dall’assenza di olio. I più distratti capiranno solo quando vorranno fare la bruschetta – un bocconcino umile che abbiamo dato fino a ieri per scontato -, i più attenti e quelli che hanno la ventura di vivere in mezzo agli olivi, ma anche a quelli che raccolgono, che vendono, che frangono, che acquistano bottiglie e lattine, che fanno stampare etichette, che richiamano visitatori (che poi mangiano e comprano) per la raccolta e la frangitura e per degustare i diversi cru di olio, le diverse varietà – più dolce, più piccante, più rotondo, più adatto al pesce – …, capiranno che tutto un mondo di consumi buoni, di turismo intelligente e interessato alle tradizioni e alla nostra cultura, quest’anno sarà assente.
A meno che.
A meno che non si finga che tutto va bene, che la produzione è “un po’ diminuita”, che “però conosco uno che ce l’ha” …
Un teatrino di cui dovremmo fare a meno e di cui dovremmo invece preoccuparci, per studiare come recuperare l’anno prossimo, lavorando per il futuro e non per mettere pezze e pecette a una situazione che ci lascia impotenti.
Dovremmo fare sì che la mosca venga debellata o tenuta a bada, non usando più chimica, ma cercando di individuare quali pratiche bisogna adottare per impedire che l’insetto proliferi, e così via.
Ma questa è anche un’occasione per segnalare quanto sia prezioso l’olio d’oliva e ci si aspetta che non siano gli uomini della politica a farlo, usandolo come captatio benevolentiae, bensì scienziati, studiosi, associazioni di coltivatori.
Approfittare dell’assenza del prodotto per giustificare eticamente l’uso di olive nordafricane o turche sarebbe invece davvero esecrabile. Usiamole pure, ma dichiariamo la provenienza e il perché.
Silvana Biasutti
(foto di Andrea Pagliantini)