SIENA. “Puntuale come la conferenza stampa di Conte in periodo di lockdown, arriva il commento del consigliere Piccini sul ritorno a lavoro in ufficio per i dipendenti comunali. Il rientro in ufficio, a detta di Piccini, sarebbe sostanzialmente un’occasione persa.
L’occasione persa è proprio quella di Piccini che dimostra di non aver compreso il concetto di smart working. Certo, per i pochi fortunati che hanno avuto un’esperienza lavorativa analoga a quella di Piccini è molto semplice capire il senso, più complessa, probabilmente, è l’applicazione pratica. Il rientro in ufficio per i dipendenti pubblici, auspicato anche da esponenti Dem quali Beppe Sala e Pietro Ichino, rappresenta un primo segnale di ritorno alla normalità dopo i mesi difficili che abbiamo vissuto.
Fuori dalla retorica del dipendente pubblico fannullone, che non c’entra nulla nel caso di Siena, ed entrando nel merito i problemi sono due. Il primo è che lo smart working, che funziona bene già da qualche anno nel settore privato e pure in alcuni Enti pubblici, necessita di una lunga contrattazione tra datore di lavoro e dipendenti volta a disciplinare l’intero rapporto lavorativo (strumenti di lavoro, obiettivi da raggiungere, infortuni sul lavoro ecc.). Il secondo è che lo smart working se preso e trasportato in blocco nella pubblica amministrazione rischia di generare inefficienze, disservizi, ritardi e accumulo di lavoro. All’interno del pubblico impiego c’è infatti tutta una larga fetta di uffici che non possono fare a meno di una presenza costante di personale fisicamente presente e che il lavoro agile non può sostituire se prima non vengono snellite o eliminate molte procedure burocratiche.
Un conto è prendere come espediente il Covid per offrire una soluzione semplice (tutti a casa…) cercando di accaparrare qualche consenso, molto più serio è iniziare un percorso sui singoli uffici valutando, dove e se possibile, il graduale utilizzo dello smart working”.
Tommaso Bartalini, consigliere comunale lista Voltiamo Pagina