AREZZO. L’Associazione Vittime del Salvabanche contesta le affermazione di Barbagallo (capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia), che ha detto che, nel novembre del 2015, le quattro banche si trovavano già in una situazione di dissesto e non potevano non essere sottoposte alla procedura prevista dalla BRRD.
“In riferimento all’audizione tenuta in Parlamento dal capo del Dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia dott. Barbagallo, l’Associazione Vittime del Salvabanche sottolinea che le quattro banche mandate in risoluzione erano da tempo commissariate proprio da Banca Italia ed i commissari, fino a pochi giorni prima della risoluzione dei quattro istituti, avevano proposto un piano di ristrutturazione che avrebbe consentito agli istituti di uscire dalla crisi ripristinando la normale attività delle banche, così come riportato anche dalle delibere di ricapitalizzazione del fitd emanate nei mesi di Ottobre e Novembre 2015.
Si evidenzia inoltre come in quel periodo il piano di salvataggio poteva probabilmente attuarsi anche con intervento pubblico, del fitd o dello Stato, unito al burden sharing in osservanza della normativa UE, visto che non era ancora stata recepita in Italia la brrd e le quattro banche avevano ancora patrimonio netto di poco positivo (certificato, ad es., da due diligence su Banca Marche dall’agenzia KPMG a Settembre 2015, poche settimane prima della risoluzione). La scelta politica è stata invece quella di non intervenire in alcun modo e lasciare che gli istituti (per i quali quindi esisteva una soluzione alla crisi, come certificato dai commissari e dalle delibere di ricapitalizzazione del fits) nel tempo raggiungessero uno stato d’insolvenza.
Appena recepita la direttiva brrd il governo ha scelto di applicarla immediatamente ai quattro istituti, fatti andare in crisi patrimoniale per l’improvvisa scelta di iper svalutare i crediti in pancia alle 4, creando un buco di patrimonio che non ha lasciato scampo alcuno ai risparmiatori che si sono ritrovati da un giorno all’altro azzerati, nonostante le ripetute rassicurazioni sulla buona riuscita del piano di salvataggio di tutti gli organi apicali delle banche compresi gli organi di Bankit. Da quanto rappresentato emerge chiaramente l’inerzia dello stato nei confronti della crisi dei quattro istituti che potevano essere salvati evitando procedure estremamente penalizzanti per i risparmiatori, chiaramente discriminati rispetto ad altri istituti per i quali lo Stato si è tempestivamente attivato per evitare l’accentuarsi della crisi.
Che l’azzeramento degli obbligazionisti fosse una scelta e una responsabilità tutta italiana, viene messo in evidenza da una lettera ben chiara della stessa CE in risposta al Governo Italiano (che alleghiamo) la stessa enuncia chiaramente come la partecipazione agli oneri di risoluzione delle 4, seppur prevista, non contemplasse IN ALCUN MODO la necessità di azzeramento totale dei creditori. Il mancato utilizzo del Fondo Interbancario, infatti, non vietava in ogni caso la scelta di altre strade che avrebbero tutelato obbligazionisti subordinati e altre realtà. Senza pretendere di essere accomunati ad altri casi bancari recenti (MPS), dove pare che le soluzioni per i creditori siano degne e ragionevoli, sarebbe opportuno che tutti lavorassero nel tentativo di dare degna soluzione che rappresenti un compromesso tra il venire completamente ristorati e l’essere dei creditori totalmente azzerati”.