Ancor dapprima, sino dall’elezione del prof. Focardi si sentiva un forte bisogno di modificare rotta perché il sistema non poteva andare avanti e così tra i vari candidati molti docenti e gran parte del personale tecnico amministrativo dettero la loro fiducia a Focardi sperando che fosse il Rettore del cambiamento.
Evidentemente i poteri interni dell’Ateneo senese erano e sono rimasti troppo forti perché la volontà del neo-eletto, di alcuni docenti e del personale TA potessero avere successo e così, mentre si tentava di realizzare un piano di risanamento si assisteva all’opposizione di coloro che volevano il mantenimento dello status quo, con fenomeni di gattopardismo sfacciato, che cambia i musicisti senza mai cambiare la musica.
Sono passati ormai quindici mesi dalla notizia del dissesto finanziario e ben pochi significativi provvedimenti atti al risanamento sono stati presi, salvo quelli della vendita del S.Niccolò e quelli, come abbiamo già detto in altra occasione, ad oggi presi sulle spalle di coloro che con il loro voto a Focardi denunciavano la necessità di invertire la rotta o sarebbe stata la fine.
Per il resto parole, parole, parole. A cominciare dalla vendita del Policlinico delle Scotte, del quale da un mese nessuno più parla.
Siamo sempre più convinti che l’Università non possa salvarsi con le proprie forze così come siamo convinti che sia giunto il momento dell’accertamento delle responsabilità di quanto avvenuto.
Al momento della scoperta del pauroso dissesto anche noi fummo tra quelli che privilegiarono il salvataggio dell’Ateneo, ritenendo più facile il salvataggio se l’accertamento delle responsabilità, con l’inevitabile strascico di polemiche, fosse stato differito al momento della “convalescenza”.
Purtroppo al momento il salvataggio non si intravede e di vendita degli immobili non c’è sentore, tanto è che le stesse istituzioni locali hanno rimosso l’argomento e l’on. Ceccuzzi ha smesso di reiterare, settimana dopo settimana, la richiesta al Governo dei soliti 100 milioni a fondo perduto.
Ormai sembra chiaro che l’accanimento terapeutico delle varie trasfusioni di denaro consentono solo di vivere alla giornata e non sono risolutive se non si interviene sul sistema che ha generato il dissesto.
L’università non si può più permettere di mantenere “ostinatamente” lo status quo” ne tanto meno i privilegi di casta che devono essere prima denunciati e rimossi.
Oggi c’è bisogno di chiarezza da parte di tutti, a cominciare dallo stesso Rettore che deve comprendere come, dopo 15 mesi in cui si è navigato a vista, sia necessario prendere in mano il timone della barca e trovare una rotta per uscire dalla tempesta con le proprie forze.
Anche a costo di sacrifici e dolorosi tagli, purché questi siano risolutivi e non espedienti per tirare avanti.
E’ necessario poi che le istituzioni dicano quello che sono disposte a fare, anche sul piano dei lavoratori in esubero, evitando magari consigli che lasciano il tempo che trovano o di girare il problema ad altri.
E’ infine necessario che si giunga in tempi rapidi all’accertamento delle responsabilità e questo vale anche per la Procura della Repubblica che dovrebbe concludere il proprio lavoro prima che si arrivi alle elezioni per il nuovo Rettore.
Si rischia altrimenti una campagna elettorale condizionata da veleni, frustrazioni e sospetti, che se non risolti potrebbero addirittura condizionare chi avrà il mandato a governare l’Ateneo, compromettendone il difficile compito ancor prima di cominciare.
Agostino Milani
Massimo Bandini
consiglieri comunali