A San Prospero i limiti di velocità sono un optional?
SIENA. Questa solo in apparenza è la storia di un cane, Tito. Lo presi con me esattamente dodici anni fa, un batuffolo nero che zompettava in ogni dove con una cresta sulla testa che mai abbiamo capito da dove venisse. Tito era un cane davvero festoso, in dodici anni non ha mai dato un morso che non fosse alla sua ciambella di pezza. Portarlo a spasso era la gioia di mio nonno, finché poteva camminare, e poi di mia nonna, finché la malattia non le ha strappato via i ricordi di una vita, tra cui anche Tito.
Questa piccola bestiola, membro a pieno titolo della famiglia, è morto ieri, la sua testa maciullata dalle inesorabili ruote di una macchina in via Ciacci. Non è il primo animale ad essere ucciso in quella parte maledetta di San Prospero, che negli anni si è portata via decine di cani e gatti. Non è il primo ma bisogna che sia l’ultimo.
Com’è possibile, giustificabile, tollerabile che in un quartiere come San Prospero, la cui popolazione è composta in modo consistente da persone anziane, sia tacitamente permesso alle auto di viaggiare a velocità elevata, senza il minimo controllo da parte delle autorità? Ci sono dei limiti, è vero, ma è palese a chiunque viva in questa zona quanto essi non siano rispettati, se non saltuariamente. Inoltre i marciapiedi del quartiere, devastati dall’incuria, disconnessi, stretti e scivolosi, impediscono agli anziani di camminare al lato della strada, e così sono costretti a condividere con le auto le strade di San Prospero, dal manto stradale più simile allo sterro di campagna che alle vie di un centro urbano. Dobbiamo aspettare che la prossima volta non sia un cane o un gatto ad essere investito, ma un essere umano a venire travolto, un anziano, un bambino?
Il Comune di Siena deve fare qualcosa, subito, altrimenti si rivela sia complice di questa ecatombe, tradendo lo spirito di amore e rispetto per gli animali tipico della nostra città, e che i tanti detrattori del nostro Palio ci imputano, sia lede i diritti di quei senesi che vivono fuori dalle mura ma che non per questo sono cittadini “di seconda serie”. È giunta l’ora di cambiare, di prendersi la responsabilità: non per Tito, né per me che pure soffro scrivendo queste parole, ma per i nostri figli e i nostri genitori, che vivono a San Prospero e che devono avere la tranquillità di poter uscire in strada senza il pericolo di essere travolti da guidatori sconsiderati.
Nicola Polloni – Università di Pavia