Dalla parte di una famiglia ferita ma piena di coraggio e dignità
SIENA. Sulla drammatica vicenda di David Rossi e sulle falle della prima inchiesta giudiziaria si è riaperto un effervescente dibattito pubblico dopo il recente video messo in rete dal New York Post. Lo scoop non può non essere visto con favore, al di là delle sue reali motivazioni, tenuto conto che ha avuto il merito di ridestare un interesse alquanto sopito per un accadimento che solo grazie ad una incessante e avvertita partecipazione generale può essere svelato nella sua genesi e nelle sue reali motivazioni.
Vorrei intervenire sull’argomento privilegiando un’angolatura particolare: l’atteggiamento con cui i familiari di David, ai quali va il mio più profondo rispetto, hanno reagito alla tragedia che li ha colpiti. A loro chiedo scusa per questa mia intrusione.
Non è possibile neanche lontanamente immaginare quanto sia stato grande il loro dolore in occasione dell’atroce evento. Ma la vicenda che ne è seguita credo abbia procurato ancora più amarezza. Quanta sofferenza inesprimibile avranno provato nel momento in cui si sono accorti che il loro anelito per arrivare alla conoscenza della verità su quanto accaduto non aveva trovato adeguata corrispondenza in coloro che hanno il dovere istituzionale di fare chiarezza?
Con quale animo avranno letto i resoconti di tanti giornalisti interessati che hanno dato per scontato fin da subito la tesi autolesionistica che fa tanto comodo a certi personaggi con i quali i primi hanno intrecciato da sempre armoniosi connubi?
Abbiamo visto la Signora Tognazzi e sua figlia Carolina tenere sempre viva, nonostante delusioni e prove durissime sopportate, la certezza che David non poteva avere compiuto quel gesto di resa e poi la loro costanza essere premiata con la scoperta di concreti riscontri che rimandavano a piste alternative.
Per rendersi conto della forza della Famiglia di David Rossi è sufficiente leggere la lettera aperta inviata tramite Twitter dal fratello di David, Ranieri, a David Allegranti, che aveva trattato di quella vicenda nel suo libro “Siena brucia”. Traggo i riferimenti da agenziaimpress.it del 22 giugno 2015. Ad Allegranti che aveva scritto: “La famiglia continua a sperare di trovare una verità alternativa”, Ranieri ribatte, mi par di intuire con tratto quasi sdegnato; “Sbagliato, la verità è unica ed indivisibile. Ci possono essere molte interpretazioni, ma la verità è sempre una, basta volerla cercare e saperla raccontare”. Io trovo una grande dignità e convinzione in quelle parole, che spiegano il motivo che permette di superare tutti gli ostacoli senza darsi mai per vinti, che fa andare avanti anche nell’angoscia. Anche quando davanti a te si erge un muro di gomma apparentemente invalicabile, trovi le energie per non abbatterti e a testa alta esplori tutte le strade per valicarlo.
La motivazione è data dal credere che una verità deve sempre esistere e che non può essere che una, qualunque essa sia – “La famiglia è disposta ad accettare qualsiasi verità” dice il fratello di David – , ma esiste in quanto venga dimostrata la sua aderenza e realizzazione nella realtà oggettiva. Non si possono accettare le mezze verità o di comodo, non si possono sacrificare gli affetti più sacri a vantaggio di interessi inconfessabili.
Ranieri Rossi fa trasparire quale stato d’animo possano aver vissuto i familiari di David: “Il giorno dopo (cioè il 7 marzo 2013) siamo convocati in procura per accertamenti irripetibili, ovvero autopsia. Le prime parole del magistrato coadiuvato dal medico legale sono “il caso è chiaro, il medico legale ha fatto analisi esterna della salma, si tratta di suicidio, per noi non c’è bisogno dell’autopsia”. Io e mio fratello eravamo quasi propensi per assecondare la procura, per fortuna c’è stato chi ha suggerito con fermezza di fare questo esame irripetibile”
Cerco di immaginare il momento. Frastornati, abbattuti da quanto avevano visto la sera precedente nel Vicolo di Monte Pio, i due fratelli si trovano davanti due pubblici ufficiali che negano loro la speranza di credere che David non possa essersi lanciato dalla finestra. E’ una botta tremenda, che sulle prime non può non renderli vacillanti e propensi a mettere una pietra tombale sulla vicenda, così da porre fine ad un dolore e ad un conflitto interiore non più sostenibili. Qualcuno, senz’altro meno coinvolto di loro, li convince ad insistere ed essi così riescono ad ottenere quell’esame che si rivelerà prezioso.
A mente fredda, Ranieri non può non porsi una domanda che dovrebbe avere una risposta: “Qua il secondo dubbio: possibile che nel mezzo del più grosso scandalo finanziario degli ultimi anni la procura suggerisca di non fare l’autopsia? In genere se in un caso del genere si suicida in banca anche un commesso si esegue l’autopsia, figuriamoci nel caso del capo della comunicazione, il famoso braccio destro di Mussari”.
Come dargli torto. L’intenzione di chiudere subito la vicenda, così come la sua successiva archiviazione pur in presenza di dati che potevano indirizzare le indagini verso scenari diversi, effettivamente lascia alquanto perplessi.
Ci si dovrebbe stupire se allora la Famiglia di David possa aver pensato che il copione era già scritto, che forse non era il caso di insistere troppo nelle sue richieste, visto che contro di lei era stato posizionato un cordone sanitario coi fiocchi?
Invece, vincendo lo sconforto e lo smarrimento inevitabili, ha continuato a credere fermamente in David e nella verità che essa è sicura di intuire e che la potrà restituire ad una vita più serena. Grazie a questa fede e all’ausilio di professionisti competenti ed amici, è riuscita a mettere in seri dubbi le certezze ufficiali già raggiunte, tanto da ottenere la riapertura dell’inchiesta.
Certo, è ancora molto, molto difficile raggiungere l’obiettivo, ma la coscienza di stare facendo tutto quanto è possibile per ottenere chiarezza, è sicuramente una consolazione per i familiari di David e fornisce a tutti noi la speranza che giustizia possa essere fatta.
Fondamentale è che tutti, a Siena e fuori, teniamo viva l’attenzione sul caso e dimostriamo di essere vicini a coloro che devono fare i conti ravvicinati con un mondo artefatto, i cui rappresentanti spesso li conosciamo, li frequentiamo e, purtroppo, li legittimiamo e ossequiamo.
Nel prosieguo, mi prefiggo di illustrare, in tutta modestia, alcune ipotesi alternative riguardo il caso David Rossi, allargando lo sguardo anche alla vicenda Monte dei Paschi, strettamente correlata. Parlo di ipotesi naturalmente. La verità la conoscono solo il Padre Eterno e qualcuno che è un gradino sotto di Lui.
Marco Sbarra