SIENA. Con l’avvio delle procedure decisionali spettanti ai Cda delle Aziende del Gruppo, è iniziata anche formalmente la fase di contrattazione delle ricadute del Piano Industriale e dei processi di integrazione da esso previsti.
Sarà una fase complessa e decisiva per l’intero Gruppo visto che se ne decideranno assetto e capacità di tenuta sul mercato.
I lavoratori e le OOSS hanno deciso ancora una volta di affrontare questa fase di grande cambiamento con senso di responsabilità e consapevoli della posta in gioco.
Tale senso di responsabilità è richiesto a tutte le parti in causa; la riconferma del modello di relazioni sindacali vigenti rappresenta una condizione preliminare assolutamente irrinunciabile.
Come OOSS riteniamo di esortare la controparte a comportamenti adeguati all’importanza della fase; a questo proposito non possiamo non rilevare una eccessiva sovraesposizione mediatica dell’Azienda a partire dal suo massimo esponente, il Presidente, tra l’altro spesso protagonista in vicende che con la gestione della Banca nulla hanno a che vedere.
Tale sovraesposizione porta inoltre ad una personalizzazione assolutamente fuori luogo tendente a concentrare su un unico soggetto gli auspicabili meriti delle operazioni di aggregazione ed i risultati rivenienti dall’applicazione del Piano Industriale.
E’ una impostazione assolutamente fuorviante essendo tutto il Gruppo in ogni sua componente, e a partire dal ruolo fondamentale giocato dai lavoratori, impegnato nella realizzazione degli obiettivi previsti.
La fase di contrattazione del piano industriale necessita di grande chiarezza a livello di informazioni sui processi di integrazione e sui tempi delle trattative.
Le Organizzazioni Sindacali delle altre Banche del Gruppo hanno già manifestato dissenso e criticato la scarsa chiarezza aziendale, confermata dalla ridda delle voci riportate dalla stampa, che sembrano rimettere in discussione alcuni elementi base del piano stesso.
Venendo meno il riferimento certo, e i suoi tempi di applicazione, anche il sindacato Monte si trova in difficoltà nell’individuare una strategia comune, in grado di coniugare le necessità della futura azienda in via di formazione.
E’ ovvio infatti che anche una questione centrale come quella delle risorse umane e delle relative carenze, diventi subordinata alle eventuali cessioni, e che la mancanza di un progetto definitivo ci costringa ad esprimere forti preoccupazioni.
Un comportamento che non contraddice con quello sensibile e responsabile che da sempre abbiamo tenuto rispetto ai destini dell’Azienda, ma che si propone anzi come stimolo per i vertici, affinché si persegua con coerenza e rispetto dei contenuti quanto inserito nelle linee guida del Piano Industriale ad oggi ufficialmente presentate.
Un richiamo all’attenzione che ci sentiamo di fare in particolare rispetto a quanto stanno vivendo le filiali del Monte dei Paschi, le quali hanno contribuito e contribuiscono concretamente alla composizione di quella task force di emergenza, chiusa solo per forma il 4 luglio e di fatto già ricostituita parzialmente il giorno 7 dello stesso mese.
Un’emorragia di risorse che si unisce a quella procurata dagli esodi, che soprattutto in certe realtà si sono rivelati di massa. Vuoti per lo più non colmati, e alla luce dei quali anche le 90 assunzioni, acquisite con grande difficoltà, si trasformano in un rimedio molto parziale. In tale contesto la situazione della Toscana assume una valenza particolare, vista la conclamata carenza di risorse attualmente esistente e la concomitante assenza di una specifica selezione rivolta a tale ambito.
Nel frattempo da oltre un anno assistiamo alla continua fuoriuscita di dirigenti di estrazione montepaschina sostituita in maniera discutibile con soggetti esterni estranei al mondo bancario, che oggi sono collocati in posizioni chiave del Gruppo pur mancando di esperienza specifica e pur non evidenziando all’interno dei propri “curricula” caratteristiche professionali tali da giustificare gli altissimi emolumenti loro riconosciuti.
Se a questo quadro si aggiunge che da due anni e mezzo non si promuovono dirigenti dall’interno della Banca , si intuisce come le nostre alte professionalità risultino mortificate, e come il complesso dei fatti descritti comporti il rischio di fornire l’Azienda di una classe dirigente estranea alla cultura Monte e al suo territorio di pertinenza. Oltretutto le integrazioni in atto potrebbero aggravare ulteriormente la situazione descritta.
Tutte le considerazioni sopradette sono comunque orientate a riaffermare la validità del concetto di polo aggregante da noi strenuamente difeso nel corso degli anni ed ancora valido ad oggi.
Pertanto non accetteremmo che la crescita da tutti auspicata mettesse a repentaglio la nostra cultura e le nostre radici, ottenendo per di più risultati discutibili.
Il futuro parte anzi dalle esperienze del passato e queste confermano che il Monte dei Paschi ottiene successi solo quando sa essere se stesso.
Cgil Fisac Cisl Fiba Uilca