SIENA. Il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata Rossa aprirono le porte dell’abisso.
Non è un’iperbole: veramente gli uomini erano riusciti a creare l’Inferno sulla Terra.
Da quel momento tutte le nazioni si sono ripromesse che non sarebbe mai più successo e tutti noi ci chiediamo increduli come è possibile che la gente comune si fosse resa complice dell’abominio o, per lo meno, avesse fatto finta di non sapere.
Ma, come ci ricorda Primo Levi: “Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. […] Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. […] Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.”
Dopo la fine della guerra, i crimini furono denunciati e i criminali puniti in maniera esemplare da un tribunale militare internazionale appositamente istituito.
Una parte dei processi di Norimberga portò alla condanna di 23 medici nazisti per aver condotto esperimenti medici disumani all’interno dei campi di concentramento.
Nelle motivazioni della sentenza, il tribunale militare scrisse: “la persona coinvolta dovrebbe avere la capacità legale di dare il consenso, e dovrebbe quindi esercitare un libero potere di scelta, senza l’intervento di qualsiasi elemento di forzatura, frode, inganno, costrizione, esagerazione o altra ulteriore forma di obbligo o coercizione; dovrebbe avere, inoltre, sufficiente conoscenza e comprensione dell’argomento in questione tale da metterlo in condizione di prendere una decisione consapevole e saggia”.
Purtroppo, gli esseri umani tendono a dimenticare il passato, soprattutto quando l’orrore è troppo grande per essere tollerato.
Purtroppo, nei momenti di crisi, come quella che stiamo attraversando, il popolo ha bisogno di trovare le ragioni della propria sofferenza.
Purtroppo, una classe politica incapace di affrontare adeguatamente le difficoltà del Paese si limita a distinguere tra “noi” e “loro”, ad additare i colpevoli, i novelli untori, i famigerati no-vax.
Con questo termine palesemente denigratorio vengono indicati tutti coloro che, per qualsiasi motivo, hanno deciso di non offrirsi come cavie, magari semplicemente perché hanno letto la scheda tecnica del siero Pfizer, che riporta le seguenti informazioni:
- Medicinale sottoposto a monitoraggio addizionale;
- L’efficacia, la sicurezza e l’immunogenicità del vaccino non sono state valutate nei soggetti immunocompromessi;
- La durata della protezione offerta dal vaccino non è nota; sono tuttora in corso studi clinici volti a stabilirla;
- Non sono stati effettuati studi d’interazione con altri medicinali;
- La somministrazione di Comirnaty durante la gravidanza deve essere presa in considerazione solo se i potenziali benefici sono superiori ai potenziali rischi per la madre e per il feto.
E passiamo a quello che sta succedendo negli ultimi mesi in Italia.
I free-vax o no-cavia, come sarebbe più giusto, vengono emarginati, privati dei diritti elementari, incolpati di tutti mali del mondo. Non vi fa venire in mente qualcosa?
Ci si riempie tanto la bocca con la parola inclusione, ma dove sono le persone che ne fanno bandiera di fronte alla realtà di tutti i giorni?
Ogni volta che un ospedale rifiuta le cure a una persona che soffre, stiamo scendendo uno scalino verso il baratro.
Ogni volta che un ragazzo non può salire su un autobus per andare a scuola o non può praticare sport, stiamo scendendo uno scalino verso il baratro.
Ogni volta che uno studente universitario non può frequentare le lezioni e non può usufruire di un alloggio che gli spetta di diritto in quanto vincitore di bando per il diritto allo studio, stiamo scendendo uno scalino verso il baratro.
Ogni volta che qualcuno perde il lavoro perché non vuole sottoporsi ad una terapia sperimentale, stiamo scendendo uno scalino verso il baratro.
Ogni volta che per entrare in un esercizio commerciale è richiesto il possesso di un marchio, stiamo scendendo uno scalino verso il baratro.
Fermiamoci finché siamo in tempo.
Il popolo italiano è famoso in tutto il mondo per il suo spirito di accoglienza. Superiamo le distinzioni imposte dall’alto, con l’intelligenza e la solidarietà che ci hanno sempre contraddistinti.
Facciamo ripartire la nostra Italia.
Diamo a questo Giorno della Memoria un valore, se possibile, ancora più importante, segnando la fine delle discriminazioni in atto e l’inizio di una nuova società civile.
Coordinamento Siena No Green Pass – 15 Ottobre