Osservazioni (e presagi) di Mauro Aurigi
di Mauro Aurigi
SIENA. Alla fine del secolo scorso, l’Associazione per la difesa del Monte si batté in assoluta solitudine contro la privatizzazione – termine che ha la sua radice in “privare” – del Monte dei Paschi. Fu infatti la sola che si scontrò con tutti i poteri forti locali e nazionali. Avemmo contro non solo tutti i partiti e tutta la stampa e anche l’Università ma perfino l’Arcivescovo (non si capì cosa c’entrasse quest’ultimo). L’arroganza di gente come Amato, D’Alema, Visco, Ciampi, Dini ecc. fu tale che praticamente vennero a Siena (a Siena!) a dirci: “Ora vi insegniamo noi come si fa la banca”.
LA PICCOLA GRANDE CAPITALE FERITA A MORTE
Così fummo gli unici a denunciare che il primo effetto della privatizzazione del Monte sarebbe stata la perdita della sua “senesità”, ossia dell’unica ragione per cui l’originario e minuscolo Monte Pio si era poi sviluppato fino a diventare la banca più solida e liquida d’Europa grazie a una Città, caso unico al mondo, tra le più piccole e decentrate del Continente. Infatti una banca di quelle dimensioni poteva stare e sopravvivere a Singapore o a Francoforte sul Meno o a Londra, ma non a Siena. Insomma la perdita della senesità avrebbe danneggiato mortalmente la Banca, tanto da farla soccombere o trasferirsi altrove, dove il suo padrone privato avesse voluto. E con la Banca sarebbe stata mortalmente ferita la Città. E fummo gli unici a prevedere sin da allora la sua veloce retrocessione a quel paesone di provincia che in realtà Siena avrebbe dovuto essere, anche storicamente, se non fosse stato per quel forte sentimento identitario (la “senesità”, appunto) che invece le aveva consentito di essere una piccola grande capitale per quasi un millennio e fino al 1995. Quello fu l’anno in cui l’Associazione perse la sua solitaria battaglia e la Banca fu privatizzata, ossia sottratta al secolare controllo che la comunità aveva esercitato fino ad allora. Da quell’anno e in un solo decennio furono distrutti più di 500 anni di gloriosa esistenza nel mondo della finanza. Come volevasi dimostrare.
IN PASTO AI CANNIBALI
I contraccolpi sono stati spaventosi e siamo solo all’inizio. Già si sente ipotizzare che tre grandi ospedali (Sant’Anna di Pisa, Careggi di Firenze e S.Maria alle Scotte di Siena) in una regione sola siano troppi. Lo stesso per le tre Università (sempre Pisa, Firenze e Siena). Indovinate un po’ quali di quelle strutture saranno retrocesse per rimpolpare quelle che invece saranno fatte crescere. La spoliazione, una sorta di cannibalizzazione del forte sul debole, è già cominciata. Come volevasi dimostrare.
Intanto il popolo, unico vero responsabile della catastrofe, ha continuato a sostenere gli artefici diretti o indiretti del disastro o i loro sodali ancora oggi al potere. I quali, mentre il baratro si apre sotto i nostri piedi, fanno finta che non sia successo nulla e che non ci siano colpe o responsabilità morali e/o materiali da attribuire. Segnale peggiore che per Siena non c’è speranza non ci poteva essere. Come volevasi dimostrare.
Quando Siena era Siena e il Monte era il Monte, nessuno ci avrebbe neanche provato a spogliare la Città delle sue eccellenze (“sue” perché da essa e solo da essa partorite, nutrite e fatte crescere). Allora Siena, la piccola grande capitale, era potente e faceva paura ben oltre i confini del suo territorio e ben oltre quelli regionali (quanti eccellenti membri della Casta italiana ho visto salire alla Rocca col cappello in mano!). Oramai tutt’al più riusciamo a lamentarci perché ci portano via la Polizia ferroviaria e quella postale, senza che ci rendiamo conto che è come se vomitassimo per aver trovato un capello in un piatto di merda (scusate il sofisticato arcaismo).
E non è che l’inizio. Come volevasi dimostrare.