Conticini e Tucci: "Il nostro passato sia uno stimolo ad esserne all'altezza"
SIENA. L’idea del pesantissimo ridimensionamento di questa città non sembra essersi ancora fatta strada nelle nostre menti, men che meno in quelle di quei politici che, pur estremamente dentro al sistema Siena, non sanno parlare altro che di amore, civismo, odio e gelosia: concetti così vasti da poter nascondere decentemente il vuoto pneumatico che si nasconde dietro.
Addirittura, l’unico movimento di autentica indignazione e protesta è quello legato al timore di vedersi scippare la sede del capoluogo provinciale, in nome di un pesante retaggio culturale che ci porrebbe una spanna sopra le città limitrofe. Prescindendo da questioni di merito sulla riforma amministrativa del Governo, riteniamo che porre un problema, qualsiasi esso sia, appigliandosi ad eredità, bellezze architettoniche e passati splendori non ci possa minimamente aiutare nel tentativo di risollevare le sorti di Siena ed anzi concorra a farci procedere speditamente lungo la via del declino: prenderne coscienza, sarebbe forse un primo passo.
I successivi, indubbiamente i più difficili, richiedono la costruzione di un piano di rinnovamento di questa città, di un progetto organico che la coinvolga ad ogni livello e ne giustifichi la pretesa di essere un’eccellenza in Italia e soprattutto in Europa.
A nostro avviso, un’opportunità incredibilmente sottaciuta e incompresa dai nostri professionisti della politica è rappresentata dal progetto di Siena Capitale Europea della Cultura 2019 che, ben lungi dall’essere il solito carrozzone di grandi eventi o attrattive turistiche, ha l’ambizione di voler salvare questa città dalla prospettiva di diventare un ingessato museo a cielo aperto, in cui il turista arriva, scatta le foto, degusta le specialità enogastronomiche e riparte in fretta; significa anzi voler tornare ad essere quel modello di città piccola ma vivibile, avanzata e creativa che è stata nel Medioevo, abbandonando l’economia di rendita per tornare ad essere un’economia realmente produttiva, in cui capitali e persone arrivano motivati da un’offerta unica, non dall’ingombrante presenza di un istituto bancario. Chi viene a Siena deve avere il piacere ed il desiderio di tornarci a vivere perché città culturalmente e socialmente avanzata, incubatrice di proposte innovative e creative, in cui il benessere e il welfare è dato proprio dal nostro tessuto cittadino, in cui si uniscono partecipazione, democrazia e memoria storica.
Il nostro passato, le nostre tradizioni e la nostre peculiarità dovrebbero dunque rappresentare lo stimolo ad esserne all’altezza, non il baluardo dal quale pensiamo di avanzare le nostre pretese e di dettare le leggi ad un mondo che difficilmente potrà continuare ad interessarsi a noi e alle nostre beghe.
Addirittura, l’unico movimento di autentica indignazione e protesta è quello legato al timore di vedersi scippare la sede del capoluogo provinciale, in nome di un pesante retaggio culturale che ci porrebbe una spanna sopra le città limitrofe. Prescindendo da questioni di merito sulla riforma amministrativa del Governo, riteniamo che porre un problema, qualsiasi esso sia, appigliandosi ad eredità, bellezze architettoniche e passati splendori non ci possa minimamente aiutare nel tentativo di risollevare le sorti di Siena ed anzi concorra a farci procedere speditamente lungo la via del declino: prenderne coscienza, sarebbe forse un primo passo.
I successivi, indubbiamente i più difficili, richiedono la costruzione di un piano di rinnovamento di questa città, di un progetto organico che la coinvolga ad ogni livello e ne giustifichi la pretesa di essere un’eccellenza in Italia e soprattutto in Europa.
A nostro avviso, un’opportunità incredibilmente sottaciuta e incompresa dai nostri professionisti della politica è rappresentata dal progetto di Siena Capitale Europea della Cultura 2019 che, ben lungi dall’essere il solito carrozzone di grandi eventi o attrattive turistiche, ha l’ambizione di voler salvare questa città dalla prospettiva di diventare un ingessato museo a cielo aperto, in cui il turista arriva, scatta le foto, degusta le specialità enogastronomiche e riparte in fretta; significa anzi voler tornare ad essere quel modello di città piccola ma vivibile, avanzata e creativa che è stata nel Medioevo, abbandonando l’economia di rendita per tornare ad essere un’economia realmente produttiva, in cui capitali e persone arrivano motivati da un’offerta unica, non dall’ingombrante presenza di un istituto bancario. Chi viene a Siena deve avere il piacere ed il desiderio di tornarci a vivere perché città culturalmente e socialmente avanzata, incubatrice di proposte innovative e creative, in cui il benessere e il welfare è dato proprio dal nostro tessuto cittadino, in cui si uniscono partecipazione, democrazia e memoria storica.
Il nostro passato, le nostre tradizioni e la nostre peculiarità dovrebbero dunque rappresentare lo stimolo ad esserne all’altezza, non il baluardo dal quale pensiamo di avanzare le nostre pretese e di dettare le leggi ad un mondo che difficilmente potrà continuare ad interessarsi a noi e alle nostre beghe.
Edoardo Conticini, membro del Comitato Locale per Siena capitale europea della cultura
Enrico Tucci, ex consigliere comunale