La riforma Gelmini come ribadito, alla inaugurazione dello scorso anno scolastico dal Presidente della Repubblica, il quale esordiva con queste testuali parole “Le condizioni del nostro sistema d’istruzione richiedono scelte coraggiose di rinnovamento e servono purtroppo anche le forbici: occorre un contenimento della spesa per la scuola, nessuna parte sociale e politica può sfuggire a questo imperativo”.
Riforme e riduzione dei costi, è questa dunque la ricetta suggerita anche dal Presidente della Repubblica per adeguare ai tempi il nostro sistema scolastico.
Infatti lo stesso Napolitano ribadiva che “Per avere un’Italia migliore abbiamo bisogno di una scuola migliore e non sono sostenibili posizioni di pura difesa dell’esistente” ci si deve quindi produrre nel massimo sforzo per la razionalizzazione delle risorse volte al maggior rendimento della spesa sulla scuola, con sostanziale miglioramento della sua qualità.
Il Secondo problema, di primaria importanza è quello dei precari: come si possono salvare?
Il Consiglio dei ministri ha avviato in questi giorni l’esame del piano del ministro Gelmini, per iniziare a riassorbire il precariato nella scuola e riportare alla normalità l’intero sistema scolastico italiano.
I problemi sull’assegnazione delle cattedre hanno una storia pluridecennale. Bene antecedente all’attuale Governo Berlusconi al quale è stata attribuita la responsabilità del fenomeno.
La questione del precariato nasce invece dal fatto che in passato sono stati banditi concorsi per migliaia di persone nell’ambito scolastico, con relative abilitazioni per gli insegnanti, senza che ci fossero sufficienti posti a disposizione. Con la conseguenza che si è gonfiato il numero dei precari che, ad ogni inizio di anno scolastico, avevano difficoltà a trovare la conferma degli incarichi ottenuti l’anno precedente.
La progressiva caduta del tasso di natalità, parzialmente compensato dai figli dei immigrati, unito agli spostamenti della popolazione esigevano quindi una razionalizzazione delle risorse chiudendo alcune sezioni o cattedre e aprendone altre sul territorio.
Il risultato di questa razionalizzazione è che tra la riduzione di organico per 42 mila insegnanti e i 30 mila prepensionamenti restano da collocare 12 mila precari su tutto il territorio nazionale.
Alla risoluzione di questo problema sta provvedendo il governo, su proposta del ministro, attraverso i “contratti di disponibilità”, che vedono coinvolti i ministri dell’Istruzione e del Lavoro. Inoltre sono state coinvolte le Regioni, alcune delle quali hanno già dato la loro disponibilità. In base a questi accordi, i precari ai quali non è stato confermato l’incarico avranno l’anticipo dell’indennità di disoccupazione e una corsia preferenziale per le supplenze brevi. Avranno inoltre una corsia agevolata per le attività in favore dei soggetti più deboli o per il recupero della dispersione scolastica.
Una parte delle confederazioni Sindacali meno esposte politicamente hanno dato il loro gradimento.
Naturalmente questo non sana tutti i mali della scuola. Sullo sfondo, c’è il vasto programma del ministero per preparare gli insegnanti all’insegnamento e produrre abilitazioni in funzione dei posti disponibili, e riportandola la scuola al ruolo che gli compete di servizio di importanza primaria e decisiva per lo sviluppo del Paese. Di sicuro, con questi provvedimenti imposti dall’emergenza, si conseguono i due obiettivi di far partire con regolarità l’anno scolastico e di non abbandonare i precari.