SIENA. Ho volutamente atteso qualche giorno prima di intervenire, per non partecipare allo sterile scambio di accuse avvenuto a mezzo stampa in merito alle responsabilità sul caso Sapori. Non ritengo che puntare il dito in maniera strumentale su di un presunto colpevole, liquidare la faccenda con l’epitaffio “dilettanti” o addirittura scaricare, come al solito, le responsabilità sul governo possa essere di alcuna utilità ai lavoratori che rischiano i trasferimenti. Si pone invece la necessità di fare alcune riflessioni su come in questa vicenda ci siano state una serie di mancanze, sia da parte delle amministrazioni locali sia dell’imprenditoria coinvolta, se non altro perché casi simili rischiano di ripetersi nel vacillante sistema Siena.
Del problema in oggetto ne parlo con cognizione avendo seguito la vicenda, e ho potuto rilevare una serie di mancanze fatte dalle amministrazioni, dalla paventata possibilità di riconversione dell’area che ospita l’impianto, congelata anche grazie alle insistenze dei consiglieri PDL di Monteriggioni, ma che ormai ha consacrato l’area ad un uso edilizio, passando poi all’immobilismo della provincia che si è interessata, poco per la verità, della vicenda solo dietro grandi pressioni dei consiglieri provinciali PDL. Sino ad arrivare ad un imprenditore che trincerato dietro alla sua pur comprensibile convenienza dimentica che il marchio sapori non è solo il nome della sua fabbrica ma anche un pezzo importante della storia senese e che da questo ne deriva un valore aggiunto.
Negli scorsi mesi abbiamo fatto pressioni in modo da tenere viva l’attenzione sui lavoratori della Sapori, ma come il ruolo esige, la maggioranza a guida PD che governa la provincia e i comuni coinvolti avrebbe dovuto attivare tutta una serie di iniziative, cui noi avremmo collaborato e vigilato, per invogliare l’azienda a rimanere sul territorio. Questo lavoro purtroppo non è stato fatto, oppure è avvenuto in modo stanco e non condiviso. Del resto se un’azienda decide di spostarsi dal senese a Tavarnelle significa anche che chi amministra quella zona ha creato condizioni migliori ad ospitare realtà produttive.
Ma il grande assente da questa vicenda è il comune di Siena. Nonostante molti dei lavoratori siano cittadini senesi e che il marchio rappresenti un “bene” della città niente si è mosso da quella parte per mantenere la Sapori e l’occupazione sul territorio. Certo non è la prima e l’unica volta che succede, anche l’università della California e il suo indotto economico lasciano Siena nell’indifferenza dell’amministrazione comunale, per non citare altri casi.
Allora cosa fare? Anzitutto chiarire in modo definitivo un concetto fondamentale: le aziende del territorio, le istituzioni come la banca, l’università o le infrastrutture sono un bene di tutta la comunità. Chi guida le amministrazioni locali deve sentire il dovere di tutelare questo patrimonio e garantirlo alle generazioni future. Non è più accettabile che il tutto venga gestito unilateralmente senza accettare il confronto con le minoranze sulle scelte da effettuare. In casi come questi la condivisione avrebbe garantito maggiore efficacia nel risolvere i problemi. Poi, e questo lo devono fare i cittadini, porsi in modo critico verso chi amministra, non accettare che tutto passi come inevitabile, pretendere soluzioni e scegliersi bene gli amministratori locali. Non è più pensabile a Siena potersi permettere di votare per abitudine, per rancore, o per tifoseria, rifiutando ogni cambiamento.
Infine, la cosa più importante, i lavoratori della Sapori, per loro come gli abbiamo più volte detto direttamente, il PDL e i suoi gruppi consiliari continueranno comunque a fare pressing su comuni e provincie perché il loro disagio non sia dimenticato da chi dovrebbe governare il nostro territorio smettendo di fare demagogia .
Leonardo Casaletti
Coordinamento Provinciale PDL Siena
Del problema in oggetto ne parlo con cognizione avendo seguito la vicenda, e ho potuto rilevare una serie di mancanze fatte dalle amministrazioni, dalla paventata possibilità di riconversione dell’area che ospita l’impianto, congelata anche grazie alle insistenze dei consiglieri PDL di Monteriggioni, ma che ormai ha consacrato l’area ad un uso edilizio, passando poi all’immobilismo della provincia che si è interessata, poco per la verità, della vicenda solo dietro grandi pressioni dei consiglieri provinciali PDL. Sino ad arrivare ad un imprenditore che trincerato dietro alla sua pur comprensibile convenienza dimentica che il marchio sapori non è solo il nome della sua fabbrica ma anche un pezzo importante della storia senese e che da questo ne deriva un valore aggiunto.
Negli scorsi mesi abbiamo fatto pressioni in modo da tenere viva l’attenzione sui lavoratori della Sapori, ma come il ruolo esige, la maggioranza a guida PD che governa la provincia e i comuni coinvolti avrebbe dovuto attivare tutta una serie di iniziative, cui noi avremmo collaborato e vigilato, per invogliare l’azienda a rimanere sul territorio. Questo lavoro purtroppo non è stato fatto, oppure è avvenuto in modo stanco e non condiviso. Del resto se un’azienda decide di spostarsi dal senese a Tavarnelle significa anche che chi amministra quella zona ha creato condizioni migliori ad ospitare realtà produttive.
Ma il grande assente da questa vicenda è il comune di Siena. Nonostante molti dei lavoratori siano cittadini senesi e che il marchio rappresenti un “bene” della città niente si è mosso da quella parte per mantenere la Sapori e l’occupazione sul territorio. Certo non è la prima e l’unica volta che succede, anche l’università della California e il suo indotto economico lasciano Siena nell’indifferenza dell’amministrazione comunale, per non citare altri casi.
Allora cosa fare? Anzitutto chiarire in modo definitivo un concetto fondamentale: le aziende del territorio, le istituzioni come la banca, l’università o le infrastrutture sono un bene di tutta la comunità. Chi guida le amministrazioni locali deve sentire il dovere di tutelare questo patrimonio e garantirlo alle generazioni future. Non è più accettabile che il tutto venga gestito unilateralmente senza accettare il confronto con le minoranze sulle scelte da effettuare. In casi come questi la condivisione avrebbe garantito maggiore efficacia nel risolvere i problemi. Poi, e questo lo devono fare i cittadini, porsi in modo critico verso chi amministra, non accettare che tutto passi come inevitabile, pretendere soluzioni e scegliersi bene gli amministratori locali. Non è più pensabile a Siena potersi permettere di votare per abitudine, per rancore, o per tifoseria, rifiutando ogni cambiamento.
Infine, la cosa più importante, i lavoratori della Sapori, per loro come gli abbiamo più volte detto direttamente, il PDL e i suoi gruppi consiliari continueranno comunque a fare pressing su comuni e provincie perché il loro disagio non sia dimenticato da chi dovrebbe governare il nostro territorio smettendo di fare demagogia .
Leonardo Casaletti
Coordinamento Provinciale PDL Siena